Ci sono movimenti che nascono in piccoli contesti familiari, nelle case, in strada, principalmente tra amici, e crescono in contemporanea in diversi luoghi, restando sotto traccia finché questi piccoli nuclei non si incontrano e, riconoscendosi, danno vita a qualcosa di più grande, che aveva solo bisogno di conferma e approvazione dalla sua stessa gente. Questo è il freestyle. Lo è stato, e lo è ora ancora più di prima con quella che possiamo definire una nuova era.
Se per anni il freestyle è rimasto vivo in luoghi di culto – tra questi il Muretto di Milano -, c’è stato un periodo in cui questo movimento sembrava caduto in disuso per lasciare spazio ai grandi numeri del rap. Gli artisti non avevano più bisogno di vincere un Tecniche Perfette né dovevano certo andare alle battle di freestyle per conoscere i propri idoli. Il processo nel tempo è infatti diventato inverso: prima gli artisti fanno carriera, poi vanno a ricercare quella realtà di strada che ormai non hanno più.
Nella storia del rap italiano ci sono stati molti momenti in cui il freestyle veniva messo di nuovo al centro dell’attenzione, pensiamo ad esempio – oltre al 2 The Beat e al Tecniche Perfette – a MTV Spit. Momenti però autoconclusivi, che iniziavano e finivano lì, senza alcun tipo di seguito e senza un’effettiva community che comprendesse non solo i freestyler, i “praticanti”, ma anche gli appassionati, o semplicemente chi si gasa a mettere parole in rima senza alcuna ambizione a fare il rapper. Tra i primi grandi contest a segnare un cambiamento in tal senso è stato il Mic Tyson, organizzato da Nitro e Dj MS, sull’onda del quale questi appassionati hanno iniziato a riunirsi intorno alle figure dei freestyler partecipanti.
«È vero, quegli eventi erano autoconclusivi, ma se vediamo l’evoluzione del freestyle come una retta crescente in un grafico, sono stati in grado di mantenere viva e costante la salita», afferma Drimer. «Adesso però la situazione sta cambiando», perché il freestyle sembra quasi diventato – davvero – di tutti, straripando dagli argini dettati dal rap e arrivando a chiunque.
Ci troviamo a parlarne al Malaga Sin City bar, altro luogo che in tempi recenti sta ospitando alcune battle di freestyle del Muretto. Drimer è colui che nel 2021, dopo un periodo in cui al Muretto non ci andava più nessuno – complice anche il Covid – hanno deciso di riportarvi quanto già stavano facendo nelle proprie case. Gli altri membri originari di questo nuovo movimento sono stati i freestyler lombardi Casco, Cuta, Efsinain, Giuss Dawg, Paps, Sconer e Trauma. Ma non ha fatto solo questo, è stato presente per gran parte degli anni di questa evoluzione e ne ha segnato un punto di svolta dando vita – insieme ad altri – a FEA, un collettivo composto dai migliori freestyler in attività che per la prima volta ha tentato di professionalizzarne la figura, tra questi BLNKAY, Morbo, Shekkero, Debbit e molti altri.
Ci racconta quindi l’evoluzione di questa realtà e ci conferma ciò che stavamo pensando: il freestyle sta tornando, o meglio, si è consolidato in Italia come un ampio movimento di persone non tanto legate dall’atto, quanto dalle energie e dai principi che lo muovono. «Se prima tutto girava intorno a quei singoli individui che facevano freestyle, adesso l’attenzione si è spostata attorno al gruppo di persone che partecipano, che vogliono vivere l’esperienza», ci dice Drimer, «prima il protagonista erano quei pochi che rappavano, ora lo sono tutti coloro che vogliono esserci».
Un movimento, per definizione, è un comportamento collettivo che si fonda sulla comune adesione a certi principi e ora più che mai il freestyle si è allargato, slegandosi dal puro concetto di mettere parole in fila e ridefinendo un proprio ambiente che mira prima di tutto al divertimento.
In tempi recenti sono stati molti gli elementi e gli accadimenti che hanno portato il freestyle ad aprirsi e ad allungare le proprie radici oltre il proprio recinto. E sono arrivati sia dall’interno che dall’esterno. Il Muretto in primis è tornato un appuntamento fisso ogni mercoledì, con persone che investono e organizzano non solo le classiche battle, ma anche contest continuativi, come quello proposto al Malaga Sin City e appoggiato da brand come Propaganda, così come dagli stessi artisti che c’erano 20 anni fa. Ensi, Lazza, Emis Killa, Nitro e molti altri sono tra coloro che si sono in più occasioni presentati – senza alcun tipo di preavviso – al Muretto, trovando i telefoni rigorosamente spenti e rappando di fronte a tutti proprio come se dal primo giorno non fosse cambiato niente.
Impossibile poi ignorare la spinta data da Netflix, con l’investimento in “Nuova Scena”, un format che, tra le puntate, prevedeva anche diversi momenti in cui i partecipanti si sfidavano in battle di freestyle. E per quanto le modalità possano aver confuso il grande pubblico – perché i partecipanti, ad esempio, avevano il tempo di preparare le rime, al contrario di quanto accade nelle effettive battle -, la volontà di puntare i riflettori su questa realtà è sintomo di una particolare attenzione sul movimento che, di conseguenza, si è trovato ad accogliere nuovi membri.
«La partecipazione al muretto non è mai stata così ampia come oggi, a livello di numero di persone che vengono anche solo a guardare» ci dice Drimer, e quelli che ancora non sono arrivati fisicamente nei vari muretti d’Italia – come i Gradoni di Napoli, l’Ateneo a Roma o il Saffi a San Benedetto – si approcciano a farlo online. Su TikTok ad esempio, come puro e semplice passatempo, forse perché più divertente e diverso dal solito.
@le_divine_ Ce dovevamo sta noi al posto di Fata e Dubrazil #nuovascena #ironia ♬ suono originale – le_divine_
«Questo per il freestyle è il momento in cui può sperare», afferma Paps, unitosi alla discussione insieme a Drimer. «Sperare di diventare qualcosa di più grande, affermato, non più una nicchia» e soprattutto un movimento su cui investire, per farlo diventare davvero qualcosa di solido. In Spagna, ad esempio, mi raccontano che il movimento del freestyle è molto più strutturato e presente, con aziende che investono in eventi sempre più seguiti. E alla fine lo sappiamo, l’investimento arriva quando in primis le persone si muovono in una stessa direzione.
«Anche il freestyle di Fred De Palma a Sanremo ha significato molto», mi dice Drimer, perché ha portato sul palco più importante e nazionalpopolare d’Italia un movimento che mai ci saremmo aspettati di veder arrivare là sopra. E soprattutto, è stato fatto da una figura che nasce proprio con quel movimento, 10 anni fa. Un gesto d’amore e di conferma verso una cultura che sta crescendo e non accenna a fermarsi.
Sarà positivo o negativo il suo ingresso in ciò che possiamo a tutti gli effetti definire mainstream? Impossibile dirlo, ma se questo significa che potremo inserire il freestyle tra le alternative di che cosa fare il sabato sera, a noi va benissimo.