Tutti pazzi per Emma Raducanu

Per comprendere meglio la portata del successo di Emma Raducanu agli US Open di tennis forse è il caso di raccontare prima un piccolo aneddoto. Come dichiarato ai microfoni di ESPN, la giovane tennista aveva perso i suoi airpods prima di scendere in campo contro la sudafricana Bibiane Schoofs, nel primo turno di qualificazione al tabellone principale, e allora aveva pensato che battendola avrebbe trovato i soldi necessari per poterli comprare di nuovo. In quel momento era davvero impensabile andare oltre quell’obiettivo così ravvicinato, anche solamente con l’immaginazione di una diciottenne piena di sogni e speranze. Due settimane più tardi e dieci partite dopo, tutte concluse senza perdere nemmeno un set, Emma Raducanu alzava al cielo di New York il trofeo di campionessa del quarto e ultimo Slam stagionale.

Non conoscere la storia della outsider britannica e meravigliarsi nel leggere il suo nome inciso sulla coppa argentata – pur consapevoli che nel tennis femminile (quasi) tutto è possibile – è assolutamente normale: la sua prima vera apparizione è avvenuta a luglio sull’erba di Wimbledon, grazie a una wild card concessa in extremis dall’organizzazione visto che la classifica, 338 al mondo, non le permetteva di partecipare. In quell’occasione la Raducanu si era spinta a sorpresa fino agli ottavi, quando però decise di ritirarsi dal match contro Ajla Tomljanovic per problemi di respirazione dovuti alla frenesia di quei giorni e allo stress nervoso di dover giocare un match così importante, essendo arrivata assolutamente impreparata a farlo. Quanto basta per raccogliere, nel giro di poche ore, la solidarietà di tantissimi sportivi e personaggi famosi che attraverso i social hanno subito speso parole importanti per proteggerla e preservarla dagli attacchi di chi la accusava di scarsa professionalità e di incapacità nel gestire la pressione, come John McEnroe.

Dopo questo primo episodio Emma Raducanu ha acquisito molta popolarità tra il pubblico inglese, dimostratosi molto sensibile nei confronti di un tema così delicato come la tenuta psicofisica di una giovane atleta. Qualche giorno dopo era a Wembley in occasione della semifinale tra i padroni di casa e la Danimarca, ma nulla poteva far presagire un suo exploit sportivo così vertiginoso e repentino, nonostante l’ottimismo figlio di alcuni buoni risultati ottenuti subito dopo in alcuni modesti tornei sul cemento americano. Prima di presentarsi agli US Open c’era sicuramente curiosità nel vederla di nuovo in campo dopo il forfait di luglio, ma nessuno poteva prevedere che la numero 150 del mondo potesse arrivare così lontano nel torneo, figurarsi scommettere su un suo trionfo. Ecco perché quella fatta dalla Raducanu sarà ricordata come una delle imprese più clamorose del tennis recente, se non altro visto che non era mai successo, neanche tra gli uomini, che ci riuscisse qualcuno proveniente dalle qualificazioni.

Nata a Toronto da papà rumeno e mamma cinese e cresciuta nel sud di Londra con la passione per i motori e l’ammirazione per Simona Halep e Li Na, in pochi giorni la Raducanu è passata dal timore di affrontare il suo secondo grande torneo alla consapevolezza nel vedere la sua faccia sui maxi poster in giro per Manhattan. E forse è stata proprio l’incoscienza a trascinarla in questo vortice di emozioni: nelle ore successive alla finale, tra l’altro contro la sua coetanea Leylah Fernandez (un evento, visto che due teenager non si incontravano in finale in uno Slam dal 1999, quando Serena Williams battè Martina Hingis), la Raducanu è stata protagonista di ospitate televisive fuori programma, è finita sul numero di ottobre di British Vogue, ha ricevuto i complimenti di Jürgen Klopp e della Royal Family e presto sarà messo in circolazione anche un francobollo speciale in suo onore. D’altronde erano oltre 40 anni che una tennista inglese non vinceva un titolo dello Slam e, nell’estate dell’esultanza repressa per gli Europei di calcio, i suoi connazionali hanno subito scelto lei come eroina da celebrare.

Neanche il tempo di metabolizzare il successo che per Emma Raducanu è già tempo di posare con il trofeo in mano, da sola e in compagnia dell’altro vincitore a sorpresa, il russo Daniil Medvedev. E poi eccola presenziare al Met Gala, la celebre serata di beneficienza che si tiene ogni anno nella Grande Mela e durante la quale ha rubato la scena sfoggiando un abito di Chanel. Lei, che fino a due mesi fa era solo una tennista promettente e semisconosciuta, è stata più fotografata non solo della recente rivale Leylah Fernandez, ma soprattutto di alcune stelle già affermate come Naomi Osaka, Maria Sharapova e le sorelle Venus e Serena Williams. I prossimi mesi saranno quelli della sua consacrazione commerciale visto che, come sottolinea un articolo del Telegraph dal titolo “Emma Raducanu è ora la più grande influencer di moda del mondo?”, “è innegabilmente telegenica, eloquente e addestrata ai media, non sembra proprio il tipo da fare un’angolazione controversa a metà intervista. E poi ancora è britannica, un mercato importante per i marchi di lusso, e parla correttamente il mandarino.”

Nike, sponsor tecnico della Raducanu dal 2018, è pronto a farla diventare la sua atleta di punta. È già sotto contratto con IMG e Tiffany, e tantissimi sponsor proveranno ad avvicinarsi a lei per prendere qualche piccola fetta della sua torta. Ah, nel frattempo i suoi followers su Instagram sono passati da 2000 pre Wimbledon a 1,8 milioni, in poco più di due mesi. Banale dirlo, ma il futuro è dalla sua parte anche sul piano dei risultati, mai come adesso che il circuito femminile sta faticando tantissimo ad avere delle figure di riferimento e delle leader in termini di continuità. Già salita alla 23esima posizione del ranking, tra una sfilata e uno shooting fotografico con molta probabilità parteciperà agli ultimi due grandi impegni stagionali, gli Indian Wells e le WTA Finals di Guadalajara. Prima di Natale potrebbe anche vincere il BBC Sports Personality of The Year Award, visto che ad oggi secondo i bookmakers è la grande favorita, in pole rispetto al tuffatore Tom Daley: sarebbe la prima donna dal 2006.