Siamo rimasti incuriositi da una pagina Instagram che merita un attimo di attenzione, si chiama @siamopluggers ed è l’etichetta di un paio di artisti che ascoltiamo quotidianamente: il fenomeno Massimo Pericolo, il visionario Phra di Crookers, Barracano, il Wing Klan e altri nomi che vi sveleremo più avanti – in caso ancora non foste informati.
Ma prima di iniziare a raccontarvela, vi vogliamo fare una domanda.
Cosa pensereste di una major che su Instagram promuove birre e, come vedrete più avanti, si intrufola nei progetti degli artisti andando a scontrasi con loro?
Pluggers è un’etichetta totalmente fuori dalle righe, ma le conclusioni affrettate sono vietate perché i principi su cui si basa sono fondamentali: ironia, amicizia e buona musica. Pluggers è una presa in giro a tutto ciò che è il carattere delle major, delle logiche di mercato, ma incredibilmente, nonostante nuoti contro corrente, funziona e anzi, funziona meglio, perché riesce a tirare fuori la vera essenza dagli artisti.
Ci abbiamo scherzato sopra per mesi, dicevamo ti immagini se veramente mettono “7 miliardi” in una playlist e mentre uno si sta ascoltando della musica rap normale gli esce fuori sta roba? Sembrava allucinate quando ne parlavamo.
Oliver ad Outpump
Alle nostre domande risponderà Oliver Dawson, fondatore di Pluggers insieme a Koki.
Ci ha incuriosito la vostra pagina Instagram. Nella bio del profilo si legge etichetta indipendente barrato, e poi major discografica. Cosa siete esattamente e chi c’è dietro al progetto?
Pluggers è una società di due persone, io e Koki. Siamo un’etichetta, ma ci piace molto giocare con questa cosa della major e ti spiego perché. Noi siamo grandi appassionati di rap italiano da tantissimo tempo e abbiamo vissuto varie epoche, quando eravamo piccoli abbiamo visto la nascita e la fine dei primi movimenti delle Posse, di Neffa. Poi abbiamo vissuto la seconda alba con Mondo Marcio, Fibra, e anche la sua decrescita con l’arrivo di Sfera. Insomma, abbiamo visto vari cicli e una delle cose che ci è sempre stata più sul cazzo è il piangersi addosso delle piccole etichette. Noi ci definiamo major perché non vogliamo essere considerati meno degli altri o con delle scusanti. Sai il discorso, hanno fatto questo, però ci sta sono indipendenti, sticazzi. Noi se facciamo qualcosa dobbiamo farla bene, fino in fondo.
È un gioco, è per ridere, ma in realtà dietro c’è una cosa abbastanza seria. Non ci vogliamo sentire inferiori a nessuno con le cose che facciamo.
Oliver ad Outpump
Come è nata l’idea di un’estetica così fuori dalle righe? Gli artisti alla fine sono molto professionali nel loro lavoro, mentre la pagina è totalmente l’opposto.
Sembra che ci sia dietro chissà quale pensiero, ma in realtà una delle cose che crediamo veramente è che alla fine il rap è entertainment. A volte si perde questa parte della musica e dell’industria musicale, si prendono tutti troppo sul serio e sembra che stiano cambiando la vita delle persone, ma in realtà il mondo va avanti, che uno faccia rap o meno. La nostra grande volontà è proprio questa: non prendersi troppo sul serio. Se uno guarda il rap americano, o di altri paesi, c’è questo concetto. Drake si prende palesemente in giro in diversi video musicali, e sono pezzi fighissimi e lui è considerato il numero uno.
Per quasi un anno siamo stati estremamente reticenti dall’aprire qualsiasi social, perché un po’ nauseati da quello che succedeva ovunque. Poi alla fine un giorno per ridere lo abbiamo aperto e abbiamo detto okay, dobbiamo fare esattamente il contrario di quello che c’è, non faremo mai un post su una release.
Sembra a tutti gli effetti una presa in giro alle major classiche.
Lo è, un po’ lo è. Però alla fine secondo me si è creato un mood giusto con chi ci segue. Scherziamo su tutto, anche sui nostri artisti e si è creata una community con le persone che ci seguono, c’è dialogo e alla fine la cosa che mi diverte di più è quella di leggere i feedback, i commenti e scherzare con gli utenti. Ed è proprio quello che volevamo arrivare a fare con Pluggers.
Alla fine facciamo musica seriamente senza prenderci sul serio.
Oliver ad Outpump
Il primo post su Instagram è del 2018. Ma come è iniziata nel concreto la major?
In realtà anche qui non c’è una risposta chiara (ride, ndr). È iniziato tutto quando Adamo (grafico della cover “Scialla Semper”, per intenderci, ndr) mi ha fatto il logo “Pluggers” che mettevo nelle mail quando facevo un po’ di promozione musicale, ai tempi promuovevo Egreen, Paura, ma non esisteva una vera e propria società. È arrivata all’inizio del 2018.
Quali sono gli artisti con cui avete iniziato il percorso?
La prima release importante che abbiamo fatto come Pluggers è stato il “Crookers Mixtape”, ma già da tempo stavamo lavorando con Phra ed era nato un bellissimo sodalizio artistico. Più che altro credo che quello sia stato il mattoncino che è servito a tutti per capire cosa volevamo fare e come lo volevamo fare.
Siete quindi una piccola realtà che si è trovata nella scuderia i cavalli vincenti. Chi c’è dietro la scelta degli artisti e cosa vi convince a prenderne uno?
Penso che per noi la componente più importante sia l’amicizia, perché solo sulla base di quello riusciamo a creare dei rapporti e a fare qualcosa che va oltre la classica musica che si sente in giro. Siamo arrivati per caso a conoscere Speranza e poi Barracano e di conseguenza Massimo Pericolo. È stato tutto molto in amicizia.
In realtà c’è un’eccezione. Un producer di Padova di appena 20 anni ci mandò delle cose su Instagram e proprio un anno fa lo invitai al release party di “Scialla Semper” a Milano. Si chiama No Label, non lo conoscevamo, ci siamo fatti due, tre birre, siamo diventati amici e abbiamo iniziato a lavorare. Adesso ha prodotto qualche pezzo per DOLA, ha fatto un suo disco e stiamo lavorando sul futuro.
Non mettiamo troppa pressione per avere risultati subito perché sappiamo che se vuoi fare qualcosa di diverso, di originale, ci vuole anche la pazienza di vederlo crescere.
Oliver ad Outpump
Penso che la vostra etichetta abbia dimostrato che non bisogna per forza seguire determinate logiche per arrivare al successo. Paradossalmente Pluggers, da quello che si vede sui social, è tutto l’opposto di una classica major, eppure funziona alla grande.
Sì, io penso che questo ce lo abbia insegnato la vita. Non ti nascondo che abbiamo provato a fare due, tre cose un po’ più semplici, ma che non sono andate ed è stata una doppia delusione: avevamo fatto una cosa di cui non eravamo convinti al 100% e che non ha neanche funzionato. Quindi ci siamo resi conto che forse non era quello che volevamo fare.
Quando abbiamo lavorato su “Scialla Semper” una cosa che ci ripetevamo sempre era non pensare alle playlist; ma secondo te devo aggiungere un altro ritornello? Non pensare alle playlist, fregatene, falla esattamente come ti verrebbe, nel miglior modo possibile ma libero da qualsiasi cosa. Sembrava allucinante quando ne parlavamo, però è stato quello che lo ha fatto funzionare.
Chiaro. Alla fine solo seguendo quello che si è veramente si può fare la vera differenza.
Esatto. Se penso al numero uno al mondo in questo momento, penso sia il progetto di Billie Eilish e credo che non rispecchi nessun canone.
Devo dire comunque che avete un roster ben formato, gli artisti hanno tutti sfaccettature diverse e non cercano di emulare nessuno. Penso sia proprio un vostro principio base.
Questo perché cerchiamo di non spingere gli artisti ad essere un’altra cosa. Da noi è impossibile sentir dire fai un pezzo così, non esiste. Riceviamo le loro idee, ci confrontiamo e in generale entriamo molto nel merito dei progetti, anche un po’ fino a scontrarci. Non siamo quel tipo di discografici che dicono noi diamo libertà al 100% agli artisti, no, creiamo un bel rapporto e come degli allenatori cerchiamo di tirare fuori il meglio.
Credo sia un enorme torto quello di non confrontarsi con gli artisti e ricevere solo la canzone e dire bella, la pubblichiamo. Non c’è un valore aggiunto, anche questo come vedi lo facciamo un po’ al contrario (ride, ndr). Cerchiamo di entrare nel merito ma non imponendo idee, più che altro per dare un orecchio al di fuori delle cose, capire qual è il punto di forza e sottolinearlo.
Ovviamente è un lavoro che 9 su 10 non funziona, non è facile capire l’essenza, ma secondo me dal confronto vengono fuori cose molto belle. In più abbiamo dalla nostra parte la genialità e l’esperienza di Phra di Crookers che trova sempre il motivo per cui una cosa funziona o non funziona. È pazzesco.
Ho visto che dentro al progetto avete anche una ragazza, Big Mama. Da dove arriva?
Ci ha colpito molto la sua attitudine e la sua bravura, l’abbiamo vista su YouTube, ci siamo incontrati ed è iniziato un feeling pazzesco. Siamo veramente all’inizio di un processo per tirare fuori quello che ha dentro. Ha un grande gusto per le rime, ma stava facendo canzoni che non arrivavano, forse per timidezza non stava tirando fuori se stessa. Ha un talento straordinario a rappare, ma soprattutto, quando l’abbiamo sentita cantare, abbiamo capito che aveva una marcia in più. Ha tanto da dire e ha un senso dell’umorismo fantastico.
Anche se da fuori si vede ancora poco, credo che ci siano molte ragazze che si stanno facendo avanti. Come vedi l’avanzata del rap femminile?
Devo essere onesto, non so neanche cosa sia il rap femminile. Quando avevo circa 13/14 anni mi sono innamorato follemente di Missy Elliott, sono andato alla Feltrinelli a comprare il disco e c’era la cassiera che mi guardava male come per dire ma che cazzo stai comprando?. Era ovviamente famosa, ma non in Italia. Io rimasi invece folgorato, affascinato da quel disco e ho sempre seguito la sua carriera così come quella di tante altre.
Non ho mai vissuto questa differenza tra uomini e donne, sicuramente in Italia si è sempre fatto fatica ad andare oltre i tre, quattro cliché che ci sono nel rap, che vestono male su una donna. Però secondo me in questo momento lo streaming ha aperto tantissimo il mercato e ci sono realtà nuove fantastiche: Anna, Madame, sono veramente forti.
Da quello che mi dici vedo comunque che portate avanti un immaginario molto americano, anche nel modo di lavorare.
Io sono mezzo inglese, quindi sono molto influenzato da quella realtà. Chiaramente il rap americano, sia a me che a Koki, ha sempre affascinato, soprattutto il mondo rap indipendente, un po’ più underground, sconosciuto, ci è sempre piaciuto tantissimo a livello di immaginario. Poi la figata della musica è proprio quella, vedi la storia di Anna: una ragazzina su un type beat che è arrivata ad essere la canzone più ascoltata in Italia, questo dimostra che non c’è budget, non c’è niente che tenga quando un pezzo è forte.
Stiamo tutti giocando con le stesse regole. Per questo ci piace questa musica, perché con il rap è più facile competere con i più grandi.
Oliver ad Outpump
A proposito di numeri, avete deciso di pubblicare il disco di Tommy Toxxic nonostante la quarantena. Come state vivendo questo periodo come realtà discografica?
Se uno dovesse guardare i numeri probabilmente non è la scelta migliore, lo streaming è un po’ calato in questo periodo, ma posticipare questo disco avrebbe voluto dire far slittare anche tutto il resto. Dall’altra parte credo sia un disco molto d’ascolto, molto intimo, in qualche modo rappresenta un po’ questo momento. Ha tristezza, amarezza di fondo, c’è un pezzo intitolato “Ossa Rotte”* che racconta proprio di quando è stato in ospedale ed è la quintessenza della tristezza, quindi forse era necessario tirarlo fuori. Nonostante ciò siamo molto in ritardo, quel progetto sarebbe dovuto uscire almeno un mese fa.
*potrete leggere la nostra intervista sul disco di Tommy la prossima settimana.
Ultimo ma non meno importante, vorrei capire l’idea del podcast su WhatsApp. Dove porta quel link autogenerato?
Abbiamo deciso di giocare con WhatsApp, non so neanche spiegartelo bene (ride, ndr). Facciamo questi video podcast che durano 5/6 minuti in cui raccontiamo cosa ci è successo durante la settimana con gli artisti, mandiamo freestyle con link privati, anteprime. WhatsApp ha una capacità di penetrazione nella vita delle persone che è molto più alta di altri social. Questo non è un gruppo, non vedi gli altri utenti, è un rapporto one to one con più di 500 persone ormai, e per quanto possa sembrare allucinante rispondere, sono tutti educatissimi e fantastici. Inoltre non c’è nessun tipo di censura, possiamo essere al 100% liberi.
Quando comunichi ironicamente ma con un filo di intelligenza, ti rispondono persone intelligenti. Quello che dai è quello che poi ti torna indietro.
Oliver ad Outpump