Lo ribadisce sempre Jay-Z, per spiegare ai profani la specificità di un genere musicale che tanti ancora faticano a comprendere, soprattutto nei suoi aspetti più aggressivi e battaglieri: il rap, in fin dei conti, è come il wrestling. E le posse track, o posse cut che dir si voglia – una tipologia di pezzo che esiste solo in ambito hip hop – sono le nostre royal rumble. Avviene qualcosa di magico e irripetibile quando un gruppo di mc si riunisce su un beat e sputa fuori una raffica di rime in serie, nel tentativo di oscurare e contemporaneamente di far brillare i propri soci/avversari. Alcune delle tracce più iconiche della storia del rap americano appartengono proprio a questa categoria: dal remix di Ante Up con gli M.O.P., Busta Rhymes, Remy Ma e Teflon a Monster di Kanye West, Jay-Z, Bon Iver, Rick Ross e Nicki Minaj, passando per quelle che fotografano il talento di un’intera crew (vedi alla voce Vice City per la TDE, Here We Come per la Boot Camp Click o Oldie per la Odd Future). Anche in Italia non ci siamo certo tirati indietro, in quanto ad ammucchiate liriche di proporzioni epiche: la storia del rap nostrano include posse track con partecipanti che superano abbondantemente la decina fin da tempi non sospetti (I messaggeri pt. 2 con Neffa, Storyteller, DJ Gruff, Gambino, Yared, Galante, Topcat, Fede, LeftSide, Chef Ragoo e Speaker Cenzou o addirittura Tutti quanti Remix con Bassi Maestro, Supa, Lord Bean, Kuno, Dafa, Donjoe, Ape, Rido, Davo, Amir, Ghemon, Rayden, Mastino, Michel, Jack the Smoker, Weedo, Maxi B, Medda, Kiave, Zampa, Mistaman, Gué, Rula, Polare, Kaso, Bat e Babaman).
In un periodo in cui le tracce brevi e semplici sembrano dominare il mercato, si potrebbe pensare che sia una tradizione destinata a perdersi nel tempo e a rimanere un glorioso retaggio del passato. In realtà, però, non è affatto così: anzi, più aumenta l’interesse per il rap nei giovanissimi, più aumenta anche la voglia di gettarsi nella mischia, letteralmente e in senso figurato. Lo dimostra l’entusiasmo con cui i giovani emergenti ELMATADORMC7, Jelecrois, Spender e Kid Lost aspettavano questo giorno. Siamo sul set del video dell’ultima Red Bull Posse, lo storico format di Red Bull nato in Giappone e poi importato in Francia, in cui un gruppo di artisti si sfidano vicendevolmente ad alzare l’asticella con la propria strofa. Stavolta abbiamo un gruppo di protagonisti altamente competitivi già in partenza: si tratta infatti dei semifinalisti dello show di Netflix Nuova Scena, in cui alcuni tra i migliori newcomer d’Italia si contendono la vittoria finale (e 100.000 euro) capitanati da Fabri Fibra, Geolier e Rose Villain. La posta in gioco è altissima, ma per fortuna nessuno di loro sembra aver dimenticato che si tratta appunto di un gioco: nelle pause tra un ciak e l’altro l’atmosfera è contraddistinta da una grande solidarietà, amicizia e voglia di spaccare. «È un po’ come come quando giochi a calcio, la rissa resta nel rettangolo di gioco» spiega semplicemente ELMATADORMC7. «Durante le battle, ad esempio, mi hanno messo contro un amico del mio quartiere: quando l’ho eliminato, non mi veniva certo da esultare». Spender, che con i suoi trent’anni è il più grande tra tutti i concorrenti, conferma: «Per me nessuno di loro era davvero un avversario. E paradossalmente chi viveva la competizione anche fuori dal contest restava un po’ escluso». «Alla fine le regole sono quelle: deve vincere uno solo. Lo abbiamo capito tutti, ma volevamo che tutti dessero il meglio, anche i nostri avversari: non è stato un talent, ma un rap show», rincara la dose Kid Lost. E Jelecrois, l’unica ragazza arrivata alle ultime fasi della gara, giura che, dopo un po’, al fatto che ci fosse un premio in palio non ci pensava neanche più: «Volevo vivere l’esperienza. La guerra era contro me stessa, se sbagliavo uscivo: ero io il mio avversario».
L’amore per il rap è ciò che guida i loro passi da sempre, ben prima di affrontare questa avventura televisiva. Dopo aver sbaragliato la concorrenza della metropoli più influente della scena, Milano, sono rimasti a rappresentare le loro città, Napoli e Roma. Per l’area partenopea è schierata la ventinquattrenne Jelecrois, istintiva ed energica, che i più attenti già conosceranno per un paio di singoli prodotti da Big Fish: «prima frequentavo l’ambiente dell’hip hop perché ballavo la breakdance, però non avrei mai pensato di mettermi a rappare in prima persona. Ho iniziato durante il lockdown, per gioco». Con lei c’è il ventisettenne Kid Lost, dal piglio sofisticato e cerebrale, che vanta già 10 milioni di ascolti sulle piattaforme di streaming: «A scuola ero un po’ emarginato, sempre in disparte. Durante le lezioni di italiano rubavo le parole di Verga e Pirandello per scrivere i miei versi. Da lì non ho più smesso». Per la capitale, invece, c’è il ventunenne ELMATADORMC7, ironico e spudorato, che si era fatto notare inizialmente su TikTok, anche se «faccio rap da quando avevo 16 anni, ho fatto tante battle e dj set». Ma anche il trentenne Spender, dal vissuto complesso e dalla lunga gavetta nell’underground che lo hanno portato a essere il classico “rapper preferito del tuo rapper preferito”: «sono sobrio da 10 anni, 9 mesi e 2 giorni. Da piccolo suonavo la tastiera e la chitarra, ma alle elementari sono stato stregato da Eminem e Fabri Fibra. Quando ho risolto i miei problemi personali mi sono fatto uno studio di registrazione in casa. Nella mia vita non ho mai avuto un piano diverso da questo: ho sempre voluto fare rap». Nessuno di loro aveva mai preso in considerazione l’idea di partecipare a un talent, ma tutti loro avevano voglia di mostrare le loro skills in un contesto che fosse pensato dai rapper per i rapper. Il che è esattamente la logica che sta dietro a una posse track.
Tutti e quattro sono grandi fan di questo tipo di traccia. Jelecrois e Kid Lost hanno una passione particolare per la Red Bull Posse di una delle crew più celebri della loro città, SLF, mentre ELMATADORMC7 e Spender si trovano d’accordo su King’s Supreme, hit d’annata di casa Machete con la partecipazione speciale di Ensi, Bassi Maestro, Rocco Hunt e Gemitaiz, oltre a Salmo, Hell Raton ed En?gma. Per confezionare la loro si sono impegnati parecchio: nonostante fosse un episodio estemporaneo hanno voluto aggiornare le rime fino all’ultimo secondo disponibile prima della registrazione, tant’è che Spender è riuscito a infilarci dentro qualche riferimento a John Travolta e al famigerato Ballo del Qua Qua, un episodio accaduto a Sanremo appena due giorni prima del nostro incontro sul set. «Tendenzialmente non scrivo mai, accendo il mic e rappo finché non sono soddisfatto» spiega. «Anche io butto giù le rime di getto, ma finisco per affezionarmi molto a quello che scrivo: quando c’è da cambiare qualcosa ho un po’ di difficoltà» dice Jelecrois. «Pure io tendenzialmente ci impiego poco, però ci metto sempre un casino a scrivere le entrate. L’ingresso dei miei pezzi lo cambio almeno due o tre volte» aggiunge ELMATADORMC7. Problema risolto nel caso di Red Bull Posse, in cui l’ultima barra di ogni strofa diventa la prima barra del rapper successivo.
Passare dalla cameretta, dal proprio home studio, dal palco di una battle a uno studio televisivo e poi all’industria discografica può essere straniante e destabilizzante: i ragazzi si trovano tutti d’accordo sul fatto che il segreto per tenere i piedi per terra, per loro, è stato soprattutto fare squadra e non dimenticare mai il motore che li ha spinti fino a lì, ovvero l’amore e il rispetto per la musica hip hop. «Non è che siamo saltati sul cavallo vincente; non è che abbiamo deciso di fare il rap per non lavorare mai più e avere una vita facile», dice Spender. «Abbiamo rispetto per il genere». E anche se diventassero davvero famosi, anche se la loro vita cambiasse, non sarebbe da un momento all’altro, sottolinea Kid Lost. «Se sei bravo, se ti impegni, arriverà il tuo momento, è inevitabile che qualcosa succeda. Quindi si tratta solo di raccogliere ciò che hai seminato. Noi quattro abbiamo lottato tutta una vita per arrivare a questo punto, e siamo pronti a ciò che arriverà: continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto, solo che magari prima nessuno lo sapeva. Ora sì». Non vivono quest’opportunità come un traguardo, ma come un punto di partenza. Kid Lost non ha mai smesso di scrivere. Spender ha registrato una marea di pezzi nell’attesa di farli uscire, e così anche ELMATADORMC7. Jelecrois si è addirittura costruita uno studio e si è chiusa lì dentro a lavorare, «come in una bolla».
La giornata di riprese è quasi finita, ormai, e la tensione si va sciogliendo: come dopo ogni partita arriva il momento della moviola, per rianalizzare le azioni di gioco e paragonarle a quelle dei grandi del passato. «Quando fai una cosa come Red Bull Posse da esordiente totale, può essere complicato» commenta Jelecrois. «È difficile non sentirsi intimiditi finché non sei ancora nessuno. Siamo solo un puntino nel panorama, per ora». Anche Kid Lost conferma: «Io personalmente la pressione l’ho sentita. Con il suo Red Bull 64 Bars, Marracash ha alzato di brutto il livello, e sarà difficilissimo riuscire a rialzarlo nuovamente. Ma per mia fortuna la pressione mi rende un rapper migliore». «Beh, più che pressione è stato un onore» osserva ELMATADORMC7. E Spender, che commenta con un guizzo di ironia che si sente già un collega di tutti coloro che l’hanno preceduto, conclude con un perfetto ego trip in prosa, come solo i migliori rapper sanno fare: «Seriamente parlando, io non ho mai avuto dubbi che prima o poi sarei potuto arrivare a occupare questa sedia. Sapevo di meritarmela, punto. Ora finalmente ci siamo».