WIRED esplora il grande business dietro ai bot per Supreme

Da quando la cultura delle sneakers e dello streetwear sono esplosi in maniera prepotente tramite social media come Instagram e grazie alla vendita on-line, nel momento in cui la disponibilità di un prodotto è limitata avere tra le mani un bot è divenuto necessario a meno che non si è disposti ogni volta a pagare ben oltre il prezzo di retail.

Possiamo quindi odiare o amare la loro esistenza ma ammettiamolo … senza bot avremmo scarse opportunità di acquistare i nostri oggetti preferiti. E qui entrano in gioco i siti che offrono la vendita di programmi con interfaccia intuitiva oppure servizi di ATC (Auto Check Out) per gli utenti meno esperti o che semplicemente non hanno voglia di cimentarsi.

Le aziende più interessate da questo fenomeno sono Supreme, Nike e negli ultimi anni anche adidas; ma nonostante tentino di limitare l’utilizzo di queste “scorciatoie” (tramite captcha oppure meccanismi di acquisto ad estrazione) in realtà sanno bene che grazie ad essi aumenta sempre più la desiderabilità dei loro prodotti.

Nel nuovo numero di giugno, WIRED ha deciso di affrontare l’argomento incontrando Matt Steiner e il suo collega Chris (il quale non ha voluto svelare il proprio cognome) ovvero i ragazzi che si celano dietro Supreme Saint Bot. Questi due ragazzi della Florida hanno realizzato il loro e-commerce bot nel 2015, quando hanno deciso di trasformare la loro passione sfrenata per il brand Supreme in un vero e proprio business. Ma il vero e proprio “botto” l’hanno fatto con le Nike Air Jordan 5 grazie alle quali hanno realizzato la bellezza di 20.000 $ in soli 5 secondi. Con il ricavo sono riusciti addirittura a creare una LLC. Tutto ciò avviene tutt’oggi in Florida, presso la piantagione dei genitori di Steiner.

Se siete incuriositi vi consigliamo di leggere l’articolo completo su WIRED.