Non una retrospettiva, non un’esposizione celebrativa: a Yohji Yamamoto non piace immaginare le sue creazioni come opere da galleria, e nemmeno guardare a ciò che è stato con l’aria nostalgica e commemorativa che suscitano le stanze di un museo. Per questo, “Yohji Yamamoto. Letter to the future” – il nuovo capitolo della programmazione della Galleria di 10 Corso Como – è più che altro un dialogo, una conversazione tra il passato, il presente e il futuro della produzione dello stilista giapponese che si esprime attraverso una selezione di abiti realizzati tra il 1986 e il 2024.
Nei suoi quasi cinquant’anni di carriera, Yamamoto ha fatto del concetto di “tempo” una delle tematiche principali della sua visione. Che sia attraverso le ispirazioni a epoche e creativi del passato, o rielaborando le proprie collezioni a distanza di decenni, il designer ha sempre voluto viaggiare controcorrente rispetto allo scorrere degli anni. E questa sfida lo ha portato non solo a diventare uno dei maggiori esponenti – insieme a Rei Kawakubo e Issey Miyake – della moda giapponese, ma anche forse lo stilista più visionario ed eterno della storia. Eterno perché i venticinque abiti d’archivio della Collezione Yohji Yamamoto scelti per l’esposizione, visti nel loro insieme, sono quasi impossibili da collocare nel tempo: ogni vestito, giacca, gonna o copricapo che sia risulta ancora estremamente attuale e contemporaneo.
Assistiamo ad un momento storico in cui, proprio come accadeva negli anni del suo esordio in Europa, la fisicità sembra essersi liberata da sovrastrutture e stereotipi di genere, eppure siamo sovraesposti, continuamente giudicati, come accade sui social media. Il messaggio di Yohji Yamamoto è, invece, quello del corpo che agisce sull’abito, attraverso le sue forme imperfette e accoglienti, che racchiudono ogni tipo di corpo e di spirito.
Alessio de’Navasques
Le file di busti sartoriali sono state quindi allestite non per ripercorrere cronologicamente la carriera di Yamamoto, ma, andando oltre la dimensione temporale, per riflettere sulla sua ricerca di una silhouette universale e sul rapporto tra abito e corpo. Ed è così, per esempio, che l’iconico cappotto con faux-cul della collezione Autunno-Inverno 1986/87 viene messo in dialogo con uno dei look della sfilata dello scorso marzo, al fianco di altri capi iconici come quelli in feltro dell’Autunno – Inverno 1996/97 o quelli fatti di crinoline e veli dello show performance della Primavera 1999: un’opportunità unica per osservare da vicino la creatività, la maestria e i dettagli del lavoro di Yamamoto.
La mostra, curata da Alessio de’Navasques e parte dell’innovativo programma culturale di 10 Corso Como voluto da Tiziana Fausti, sarà visitabile tutti i giorni, con ingresso libero, dal 16 maggio al 31 luglio.