In anticipo rispetto ad alcune previsioni che lo attendevano per maggio, il 22 aprile è uscito “It’s Almost Dry”, quarto album in studio del rapper di Virginia Beach Pusha T. Oltre al “sigillo di garanzia” offerto dai nomi dei producer – metà dei brani è prodotta da Kanye West, l’altra da Pharrell Williams -, c’è un altro particolare che dona pregio e accende la curiosità verso questo nuovo lavoro, ossia l’artwork di copertina realizzato dal prolifico artista visivo statunitense Sterling Ruby.
“It’s Almost Dry” è soltanto l’ultimo di una ricca lista di partnership tra band o musicisti solisti e nomi di pregio nel mondo dell’arte visiva, aventi come terreno d’espressione le copertine di singoli e album. Il fenomeno affonda le radici a metà del secolo scorso con i primi esempi negli anni Cinquanta, per poi diffondersi sempre di più nei decenni successivi grazie all’impulso concettuale dato al mondo dell’arte dalla visione pop di Andy Warhol e alla definitiva commistione tra la fine art e la produzione di massa di oggetti di design durante gli anni Ottanta. Che cosa sono, infatti, un CD o un vinile con la cover disegnata da Salvador Dalí o Keith Haring se non delle piccole opere d’arte declinate in un formato quotidiano e funzionale che tutti quanti possono possedere?
Al di là dell’aspetto estetico, molti di questi sodalizi vogliono rappresentare una vera e propria comunanza di intenti e visioni artistiche tra i loro autori, elemento che li rende dei perfetti “ritratti” del periodo storico e culturale in cui sono nati. In altri casi la collaborazione vuole essere soltanto un puro omaggio musicale a una certa estetica; oppure può mirare alla creazione di sofisticati prodotti da collezionismo, come avviene nel fenomeno ora in voga delle copertine variant, ossia l’uscita di edizioni “alternative” o ristampe celebrative di un album con una copertina diversa e disegnata da artisti famosi (esempi sono la limited edition di “I Know NIGO!” eseguita da KAWS e le riedizioni degli album di The Weeknd firmate Mr., Hajime Sorayama e Daniel Arsham).
Ecco, dunque, una carrellata tra passato e presente con alcune delle copertine più degne di nota realizzate da illustratori, scultori, pittori e altri visual artists.
“The Velvet Underground & Nico”
Come abbiamo detto, negli anni ci sono stati molti esempi di connessione tra arte e musica, ma uno in particolare si eleva al di sopra di tutti per iconicità e importanza. Stiamo parlando della collaborazione tra Andy Warhol e i Velvet Underground, la quale scaturì prima nell’ingresso della band nella mitica Factory e poi con l’album “The Velvet Underground & Nico“. L’artista, oltre a produrre il disco, realizzò anche la copertina, rivoluzionando i canoni dell’epoca con una trovata inusuale. Il soggetto principale era una banana accompagnata soltanto dalla firma del genio della Pop Art. Interessante è che all’epoca la buccia del frutto era adesiva e come suggeriva la scritta “Peel slowly and see” si poteva staccare, rivelando un interno di colore rosa. Sebbene, considerando i numerosi riferimenti alle droghe presenti nelle canzoni, in molti interpretarono l’artwork come un riferimento alla leggenda metropolitana che fumare la buccia di banana creasse un effetto psicotropo, l’intento originale era quello di creare un’allusione sessuale. Nonostante all’epoca del debutto l’LP sia stato un flop commerciale, in seguito venne riconosciuto come una pietra miliare della musica contemporanea, merito anche di quella geniale cover.
“Load”
Verso il finire degli anni Novanta, l’arte contemporanea più trasgressiva cominciò ad appassionare Lars Ulrich e Kirk Hammett, i due membri dell’ormai affermata band heavy metal Metallica. Fu così che, dopo aver scoperto un videoclip diretto dal controverso fotografo Andres Serrano, divenuto noto per l’uso dissacrante di fluidi corporei misti a simboli religiosi nei suoi lavori, essi vollero il suo “Blood and Semen III” come copertina di viscerale impatto per “Load”, disco più vicino alle tradizionali sonorità hard rock rispetto ai precedenti. La scelta non piacque però a James Hetfield, frontman del gruppo, che la ritenne un mezzo di shock fine a sé stesso e di cattivo gusto, lontano dalla sua nozione di “arte”. Il progetto prevedeva inizialmente un doppio album, ma la produzione scelse di scinderlo in due LP differenti: così l’anno successivo uscì il seguito “Reload”, contraddistinto anch’esso da una fotografia di Serrano in copertina.
“Just Push Play”
Prima con “Nine Lives” e poi ulteriormente con “Just Push Play“, gli Aerosmith cominciarono ad abbracciare un nuovo tipo di sound, optando per sonorità più moderne e orientali riconducibili a uno stile pop rock più commerciale rispetto ai primi lavori. Indice di tale cambiamento è anche la scelta di affidare la copertina del loro tredicesimo album a uno degli artisti più influenti dell’epoca, il giapponese Hajime Sorayama. Per l’occasione quest’ultimo decise di portare la sua iconica serie “Sexy Robot” in un artwork che fa chiaro riferimento alla leggendaria scena de “Quando la moglie è in vacanza” con protagonista Marilyn Monroe, ritratta come una ginoide cromata con tanto di abito svolazzante. Il risultato? Inaspettato e altamente efficace.
“My Beautiful Dark Twisted Fantasy”
Nessun musicista contemporaneo incarna al meglio la fusione tra arte e musica di Kanye West. Per “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”, da molti considerato la sua opera magna, Ye scelse di contattare il pittore George Condo e l’intesa tra i due fu talmente intensa da risultare nella realizzazione di ben sei tavole destinate ai diversi formati di pubblicazione dell’LP. Ciò che stupì Condo fu proprio la molteplicità di influenze del lavoro del rapper, che egli trovò opportuno declinare nella fusione eterogenea di stili e figure simboliche che i brani dell’album evocarono nella sua mente. Tra queste comparivano immagini classicheggianti legate al tema dell’esilio autoimposto e a “Macbeth” di Shakespeare, che l’artista raffigurò nel quadro in cui vediamo la testa incoronata e decapitata del rapper trafitta da una spada. La famosa tavola censurata, invece, nacque dal desiderio di Kanye (avveratosi tra non poche polemiche) di avere un’immagine di copertina così provocatoria da rischiare proprio la censura: Condo dipinse così una sua versione distorta assieme ad una creatura antropomorfa nei cui tratti si mescolano una sfinge, un’arpia e una fantasmagorica fenice. Altrettanto sorprendente ma meno controverso è il dipinto della ballerina baffuta, ispirato direttamente al testo e ai soggetti del videoclip di “Runaway”. Infine, Condo impiega la tecnica cubista per ritrarre il personaggio di West nella sua multidimensionalità di significati, ma anche per farne emergere i lati psicologici più contrastanti e disturbanti attraverso il volto trasfigurato del prete.
“I’m With You”
Per il primo album realizzato dopo il nuovo abbandono dello storico chitarrista John Frusciante, “I’m With You“, i Red Hot Chili Peppers scelsero una fotografia realizzata dal richiestissimo e controverso Damien Hirst. Tutto ciò che il frontman Anthony Kiedis rivelò sul significato di quella mosca posata su una pillola fu: “È un’immagine. È arte, è iconica, Non abbiamo rivelato il suo significato ma è chiaramente aperta ad ogni interpretazione.”. Un messaggio criptico, ma allo stesso efficace nel rappresentare il clima di apertura e ricerca di nuovi significati vissuto dalla band a seguito del cambio di formazione. Di certo sappiamo invece che i farmaci sono un elemento già noto e ricorrente nel repertorio dell’artista britannico: su di essi è infatti incentrata l’installazione “Pharmacy”, esposta la prima volta nel 1992 a New York e rilanciata negli anni successivi nel progetto di uno stravagante ristorante in collaborazione con Prada.
“ARTPOP”
Quale miglior modo per incorniciare un capolavoro della musica pop se non quello di commissionare la copertina a un maestro della Pop Art? Per “ARTPOP“, Lady Gaga decise di collaborare con Jeff Koons alla realizzazione dell’artwork del disco. L’artista americano volle per l’occasione riprendere la sua serie di lavori “Gazing Balls“, nella quale statue classiche e quadri simbolo dell’arte occidentale venivano riproposti con l’aggiunta di una sfera in vetro soffiato e alluminio riflettente color blu elettrico, ritraendo quindi una scultura della cantante che tiene tra le gambe proprio una delle palle specchiate. Nello sfondo, invece, si può intravedere un particolare collage con “La nascita di Venere” di Botticelli e “Apollo e Dafne” del Bernini. Piccola curiosità: nella versione per il mercato arabo e medio-orientale la cover è stata modificata con alcuni accorgimenti che andassero incontro alle culture e alle abitudini di quei luoghi.
“Colores”
Il quinto album di J Balvin è uscito in un periodo un po’ particolare. Era marzo 2020, quando il mondo inaspettatamente si è fermato a causa dei vari lockdown scaturiti dalla minaccia del coronavirus. In quel momento serviva qualcosa che distraesse le persone dalla loro monotona e ansiogena quotidianità con un po’ di colore ed energia ed è proprio questo che ha fatto “Colores“, un disco dal titolo e dall’estetica per nulla casuale. Per ritrarre al meglio il mood del disco il cantante ha deciso di coinvolgere uno dei suoi artisti preferiti e migliori nel rappresentare questo clima, ovvero Takashi Murakami, con il quale strinse un rapporto d’amicizia in seguito alla creazione di una collana ispirata alla sua arte da parte di Ben Baller. L’artista giapponese ha quindi disegnato un motivo all over con i suoi caratteristici fiori, rivisitati in chiave 3D e con l’aggiunta delle distintive saette al posto degli occhi, simbolo grafico del re del reggaeton.
“Expensive Pain”
Tra le uscite più recenti troviamo “Expensive Pain”, quinto lavoro in studio del rapper di Filadelfia Meek Mill. Per l’artwork di copertina, egli si è rivolto alla pittrice afroamericana Nina Chanel Abney, figura proveniente dal mondo dei graffiti e divenuta nota per le sue colorate figure, attraverso le quali affronta temi politici, sessualità, genere e simboli della black culture in una chiave pop e attraente tendente all’astratto. Per questa collaborazione, l’artista ha realizzato un disegno originale, ricco e caotico, in cui è possibile trovare raffigurati diversi elementi che rimandano al tema principale dei testi dell’album: la vitalità, i problemi e le situazioni tipiche della cosiddetta “vita di lusso”. Significativa è stata la vasta campagna promozionale organizzata dal rapper: imponenti riproduzioni della copertina hanno coperto a tappeto autobus, muri, barche e tabelloni pubblicitari nelle principali città americane, suscitando non poche polemiche per la nudità esplicita di alcune delle figure rappresentate.
“DS4EVER”
Stando alla concezione dell’arte di Daniel Arsham, il cosiddetto “archeologo del futuro”, Gunna rappresenta un’icona della cultura pop così come i Pokémon e le Porsche. Questo ragionamento lo si può cogliere dalla copertina di “DS4EVER“, album che conclude la serie “Drip Season” cominciata dal rapper nel 2016. Nell’artwork il cantante viene ritratto come un busto di cemento grigio che, con quei dettagli erosi in stile “Future Relic“, lascia scoprire dei minerali come se fosse una preziosa rovina trovata in un lontano futuro. Altri dettagli, oltre alla tracklist scritta a mano dall’artista, includono degli occhiali da sole firmati Rick Owens e una collana fabbricata da Eliantte per suscitare un’interessante dialogo tra passato, presente e futuro.
“It’s Almost Dry”
Quanto a Pusha T, questo suo nuovo album nasce con l’intenzione di costituire un “salto di qualità” nella sua carriera: su suggerimento di Pharrell, coproduttore assieme a Kanye West, il rapper ha lavorato intensamente sul materiale che aveva prodotto, fino a portare il suo approccio a un nuovo grado di maturazione. Forse anche da questo deriva la scelta del titolo, definito in un’intervista come un riferimento all’arte pittorica, nella quale l’espressione “It’s Almost Dry” fa da risposta a coloro che attendono di vedere e possedere il nuovo capolavoro su cui l’artista è ancora all’opera. Non è dunque un caso che egli abbia fatto affidamento al poliedrico visual artist Sterling Ruby per la realizzazione della copertina: Ruby si avvale da anni dei più disparati mezzi e materiali per dare forma alle sue creazioni – dalla ceramica al collage, passando per il tessuto, fino alla scultura e alle videoinstallazioni -, e la sensazione di trovarci di fronte a un’opera d’arte tangibile, che richiama le sensazioni fisiche e l’impegno manuale dell’artista nel produrla, ci arriva forte e chiara di fronte alla cover di questo nuovissimo progetto.