Ketama e la sua fanbase sono una cosa unica, potente e unita. È proprio questo, forse, che lo ha portato ad essere qui oggi, insieme alla passione di suo padre e all’amicizia con Drone.
Il suo pubblico lo acclamerà nuovamente domani sera, al Rock in Roma, dove suonerà affiancato dai rapper più in voga del momento: Massimo Pericolo e Speranza.
Non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di fargli qualche domanda. Abbiamo parlato del suo nuovo album, delle droghe e della sua fissa di fare tutto da solo. Non gli piace crearsi aspettative, ma alla fine riesce sempre a raggiungere ciò che vuole.
Nel tuo percorso, nella tua città, quanto è importante il concetto di unione?
“Roma è una città grossa, quindi è importante avere degli amici e dei capisaldi perché sennò è facile perdersi. Molto importante, al di là della questione musicale. È fondamentale avere delle persone su cui contare, specialmente in una città come Roma, dove non ci sono tante occasioni, te le devi creare te.”
Recentemente hai detto di non identificarti nel genere trap, ma di viverlo. Cosa significa?
“Significa che io mi sono appassionato alla trap perché vivevo quelle cose, io non vivevo tanto di hip hop, andare alle jam o queste cose qua, non mi ci identificavo. Magari stavo in casa con gli amici, poi ho visto che quelli che facevano la trap facevano le stesse cose e allora ho detto ah, cazzo, ci sta altra gente al mondo che fa sta roba, la faccio anche io. È la musica adatta per parlare della maniera in cui vivo, almeno quando ho iniziato, poi le cose adesso si stanno evolvendo, la vivo sempre a quel modo, spesso ci si ritorna, però il discorso musicale poi si evolve. A me me piace la musica, la musica che faccio è scandita dal mio stile di vita e io ero una persona che stava a casa a studiarsela, quindi facevo la trap.
Questo è un insegnamento anche per tutti quelli che si mettono a fare trap adesso, non è obbligatorio, ci sono tanti generi musicali che ti possono rappresentare meglio, questo dico.”
Parlare delle droghe nei brani è difficile, proprio due giorni fa Salmo si è esposto lanciando l’appello di non mostrare l’eroina ai ragazzini.
“Non ho capito a chi era rivolto sinceramente, proprio non ho capito perché, poi in giro non mi pare di aver visto gente che ha fatto vedere l’uso di eroina.”
È probabile che sia rivolto agli FSK, per il video del lancio del loro primo album.
“Mica si vede che usano eroina, però. Il video l’ho visto, infatti per questo dico, quelli si danno due botte, schiacciano una pasticca… è una cosa che non ho capito.”
Secondo te c’è un limite o un modo giusto per parlare di droga nei brani?
“Certo. Innanzitutto devi averla vissuta per parlarne, sennò non ne puoi parlare, primo. Come qualsiasi cosa, non è che riguarda solo la droga. Basta, questo solo. Poi ognuno la vive alla propria maniera, per cui una volta che lo hai vissuto non c’è un modo giusto per parlarne, però di sicuro devi avere dell’esperienza a riguardo.”
Il rischio c’è quando qualcuno parla di qualcosa che non conosce, allora là puoi fare del male
Quindi secondo te i ragazzi sono o non sono influenzati da quello che ascoltano?
“Certo che lo sono, pure io da ragazzino ero influenzato dai Nirvana, da Kurt Cobain che si drogava ed è morto… certo, certo che sono influenzati. Il rischio c’è quando qualcuno parla di qualcosa che non conosce, allora là puoi fare del male a qualcuno. Se tu parli di quello che conosci o della tua esperienza, del tuo punto di vista, non c’è nessun pericolo, stai soltanto arricchendo un’altra persona. Il rischio c’è se te dici una cazzata, per qualsiasi cosa, sempre, non riguarda la droga, per tutto.”
Mi viene in mente il video di “Lucciole”. Hai mai avuto riscontri negativi per i tuoi testi?
“Chiaramente, ma la maggior parte della gente ha capito, perché si vede che è una cosa vera. Quasi nessuno non m’ha capito in realtà, da quello che so io almeno, poi non è che mi metto a guardare tutti i commenti, figurati. Da quello che ho potuto vedere è stata abbastanza capita la cosa, anzi c’hanno fatto pure fare la sponsorizzazione su YouTube (ride, ndr), manco ce l’hanno bloccata, meglio di così.”
Nell’ultimo singolo “Scacciacani” dici che è tutto okay. Quanto tempo ci è voluto prima che fosse tutto okay?
“Tutto sta andando secondo i miei piani, musicalmente, lavorativamente parlando, le cose vanno bene. Non è che ho realizzato quello che volevo, però sono andato anche oltre quello che mi immaginavo. Oggi “Scacciacani” ha fatto 5 milioni, in un mese e mezzo non mi sarei mai immaginato di poter fare così tanti numeri con una canzone del genere.”
Rispecchia esattamente quello che stai vivendo, insomma.
“Esatto, lavorativamente parlano, poi quello non vuol dire che se va bene il lavoro va okay anche tutto il resto.”
Questo è l’unico principio, crea il tuo gruppo di amici e sii fedele a loro
Il tuo percorso inizia e continua con la 126, secondo il culto di un movimento, la Love Gang. Quali sono i suoi principi cardine?
“In realtà forse l’unico principio, per quanto mi riguarda, è la fedeltà. Questo è l’unico principio, crea il tuo gruppo di amici e sii fedele a loro, è quello il senso, il messaggio che vogliamo dare.”
Nel tuo percorso qual è stata una persona fondamentale senza la quale oggi non saresti chi sei?
“Sono tante le persone che hanno contribuito, veramente tante. Il primo che mi viene in mente è mio padre, perché ha sempre ascoltato un sacco di musica e se oggi ho voluto fare questo è anche grazie a lui. La seconda che mi viene in mente è Drone, che quando eravamo pischelli mi ha approcciato alla produzione.”
A proposito di questo, il tuo ultimo album è stato completamente prodotto, registrato e mixato da te. C’è un lato negativo nel curare un progetto a 360 gradi?
“Sicuramente, stanno un sacco di lati negativi. Già il fatto che non ci sono altre teste, però sono fatto così, purtroppo mi piace lavorare così e non voglio manco snaturare il mio modo di lavorare. Quindi alla fine, pure con questo nuovo disco – anche se ci sono soldi, perché è un disco con una major – sto lavorando abbastanza in modo indipendente.”
Quindi c’è un nuovo progetto in programma?
“Sì sì, certo. Cerchiamo di uscire verso autunno, autunno saremo fuori. “Scacciacani” è un singolo del nuovo progetto, andrà nel nuovo disco.”
Il tuo nome deriva da un modo di dire, essere un’acqua cheta, che per definizione è una persona apparentemente tranquilla, ma determinata a raggiungere un obiettivo. Ci è sembrata esattamente la tua fotografia, è così?
“Sì, esatto, evidentemente è così (ride, ndr). Non mi piace fare lo sborone, non sono uno di quelli che amano dire quest’anno facciamo questo, facciamo quest’altro, preferisco prendere in silenzio e sorprendere.”
Un po’ il contrario di quello che viene fatto oggi.
“Sì vabbè, ma il primo a rimetterci poi sei te perché ti crei un botto di aspettative, quindi è una cosa stupida. Perché ci rimetti te, creandoti aspettative da solo.”
Fino ad oggi, qual è la soddisfazione più grande che hai ricevuto dal rap?
“Non c’è una cosa particolare, già il fatto che oggi ho fatto 5 milioni e ci sia gente che mi segue, quella è una soddisfazione – anche se il parere degli altri mi fa piacere, ma fino a un certo punto. Oramai sempre ti dicono tutti sei bravo, sei bravo e dopo un po’ che te lo dicono, dopo la decima volta, stai più a sentire quello che ti dice sei una pippa. Quello che ti dice sei bravo, dopo cento volte che lo hai sentito ti entra da un orecchio e ti esce dall’altro, stai più a sentire quando ti dicono che fai schifo.
Però le soddisfazioni sono queste, avere una fanbase, avere della gente che mi segue e che aspetta la mia musica, e anche far vedere ai miei genitori la roba che ho fatto e sentirmi dire che sono bravo in qualcosa.”
Soprattutto mi sembri uno dei pochi che è veramente capito dal suo pubblico e questa è una cosa bella.
“Grazie, mi fa piacere. Perché sì, è vero, magari non sono tantissimi, ma quelli che ci sono vedo che sono fedeli e che sono proprio accaniti, mi vogliono bene. Io alla fine non mi propongo come facente parte del movimento trap o cose, è come se cercassi di creare una mia wave, quindi questo la gente lo ha capito e capisce che seguire me è come seguire una cosa a parte.”