Il recente abbattimento della Vela Gialla di Scampia ha riportato l’attenzione su uno dei progetti urbanistici più controversi e discussi del Novecento italiano.
Il complesso residenziale “Le Vele” venne realizzato tra il 1962 e il 1975, a seguito di una legge italiana approvata nel 1962, con l’obiettivo di sviluppare nuovi quartieri di edilizia popolare in diverse città del meridione.
Il disegno originale dell’architetto Francesco Di Salvo nacque a partire dall’utopia moderna dell’edificio-città, ispirandosi alle teorie dell’Existenzminimum (abitazione di sussistenza) e alle Unités d’Habitation di Le Corbusier, e in generale alla tendenza megastrutturista molto in voga negli anni ’60 in tutti i paesi occidentali. Alla base di tutti questi riferimenti architettonici vi era l’idea di complessi residenziali fatti di abitazioni ridotte al minimo nei loro interni, ma inserite in contesti con spazi comuni che potessero assolvere alle funzioni di una “città in miniatura”, del tutto autosufficiente. Un polo di aggregazione residenziale, pensato per i ceti popolari che dal centro si trasferivano per rispondere a problemi legati alla densità abitativa, dove la vita era pensata per svolgersi in spazi esterni condivisi, collettivamente e in cui ogni famiglia non rappresentasse una realtà a sé ma fosse parte di una vera comunità familiare.
Per l’architetto gli edifici dovevano rappresentare una reinterpretazione in chiave moderna della vita comunitaria tipica dei vicoli del centro storico di Napoli, mentre il nome “Vele” deriva dalla loro particolare conformazione, con una base ampia che tende a restringersi progressivamente verso l’alto, ricordando appunto la forma di una vela.
In fase di esecuzione però il progetto fu modificato, principalmente per ridurne i costi di produzione. Le area verdi furono trascurate. Le piazze, le aree gioco per i bambini e i centri sportivi e culturali originariamente pensati quasi del tutto cancellate, mentre al materiale trasparente che doveva essere usato per i pianerottoli fu preferito il cemento armato. La parabola che identificava il profilo a ‘vela’ fu sostituita da uno ziggurat e da facciate chiuse che hanno condizionato la forma e la luce degli spazi interni. I blocchi stessi vennero posizionati vicini l’uno all’altro, non alla distanza prevista (dai 10,80 metri previsti nel progetto originario agli 8,20 metri attuali), ostacolando ulteriormente l’entrata di luce naturale. I collegamenti di trasporto pubblico previsti con la città di Napoli mai realizzati: ciò ha fortemente influito sul configurarsi di Scampia come quartiere dormitorio e delle Vele come un’area ghetto.



In totale, furono costruiti sette edifici, identificati con lettere dell’alfabeto: il primo gruppo comprendeva le Vele A, B, C e D, mentre il secondo includeva le Vele F, G e H. Il metodo di costruzione scelto fu quello a “setti di cemento armato”, in grado di reggere sino a un terremoto del nono grado Richter, con pareti portanti a reggere l’intera struttura che non possono essere modificate senza mettere a rischio l’intera stabilità.
Proprio per questo, nel 1997, l’esplosivo posizionato sui pilastri della Vela F di Scampia provocò un forte boato, ma la struttura superiore rimase in piedi, pericolosamente instabile. Fu necessario attendere l’estate successiva per completarne la demolizione con l’ausilio delle ruspe. Due anni dopo, nel 2000, la Vela G venne abbattuta con l’esplosivo, fu poi la volta della Vela H, demolita nel 2003, mentre la Vela A, nota come Vela Verde, dovette attendere ben 17 anni prima di essere definitivamente rasa al suolo. All’inizio di quest’anno sono stati avviati i lavori per la rimozione di altre due strutture, la Vela Gialla, che sarà appunto abbattuta entro i prossimi 40 giorni, e la Vela Rossa. Dei sette edifici di edilizia popolare ne resterà soltanto uno, riqualificato: la Vela Celeste.
L’abbattimento della Vela Gialla fa parte del progetto “Restart Scampia“, finanziato con circa 159 milioni di euro provenienti da fondi PNRR, che prevede di abbattere due delle tre rimaste e riqualificare l’intera area nella periferia nord della città. Sono previsti la costruzione di 433 nuovi alloggi autosufficienti dal punto di vista energetico, oltre all’insediamento di spazi destinati all’agricoltura urbana, un parco pubblico di quartiere, una fattoria con finalità ludiche e didattiche, un mercato di prossimità, un complesso scolastico, un centro civico con funzioni sociali e culturali. Nell’ottobre del 2022 è stata inaugurata la nuova sede della facoltà di medicina e chirurgia dell’università Federico II di Napoli, sorta al posto della Vela H.