Continuiamo a vestirci da ufficio anche se odiamo andarci

Nobody wants to work these days letteralmente “nessuno vuole lavorare al giorno d’oggi” affermava nel 2022 Kim Kardashian in uno spezzone video diventato subito meme. Ora, però, sembra che le cose si siano ribaltate: tutti vogliono lavorare; più precisamente, vogliono lavorare in ufficio. O almeno fingere di lavorarci.

L’interesse per l’estetica corporate non si sviluppa in un vuoto culturale, ma trova terreno fertile in rappresentazioni mediatiche recenti: serie come “Severance” mettono in luce l’alienazione del lavoro moderno attraverso ambientazioni minimaliste e impersonali, o video musicali come quello di Yseult “B*** you could never“, ambientato in un ufficio grigio e anonimo, e ancora il recente “EUSEXUA” di FKA twigs, contribuiscono a creare un immaginario che unisce la cruda realtà del business a un’estetica quasi distopica.

L’attrazione per l’abbigliamento formale si inserisce in una tendenza più ampia, definita “Corporate Nostalgia”. Questo fenomeno rappresenta una rielaborazione estetica dell’immaginario aziendale del passato, caratterizzato da uffici impersonali, cubicoli standardizzati e palette cromatiche sobrie, spesso dominate da toni neutri come il marrone e il giallo burro. Indossare il completo da impiegato non è più un segno di sottomissione, ma un’estetizzazione del conformismo che diventa essa stessa una dichiarazione di stile. L’industria della moda ha rapidamente intercettato questa tendenza, riproponendo silhouette corporate nelle recenti collezioni.

Miu Miu ha riletto il classico look da segretaria con una sensibilità contemporanea, tra cardigan, occhiali da nerd e capelli spettinati con studiata nonchalance. Saint Laurent ha riportato in auge lo stile yuppie, con spalle marcate e linee strutturate. Balenciaga ha estremizzato il concetto con blazer oversize, cravatte storte e valigette come accessorio must.

E ancora, più recentemente, durante la Shanghai Fashion Week, i designer hanno abbracciato e reinterpretato l’estetica dell’ufficio. AO Yes, ad esempio, ha proposto una serie di look minimalisti e austeri. che hanno preso ispirazione dal business casual: blazer oversize, camicie bianche, pantaloni a vita alta e occhiali da vista. Secondo la piattaforma Lyst nell’ultimo anno le ricerche per “suit” e simili sono aumentate del 257%. E non parliamo solo di tailleur. Anche le ricerche per white shirt, pencil skirt e kitten heels sono aumentate vertiginosamente. Il completo torna a essere simbolo di status – ma in chiave post-ironicamente fashion.

Nel frattempo, su TikTok stanno prendendo piede i video trend come “come to work with me” e “my 5-9”, in cui gli utenti documentano le loro routine prima e dopo la giornata lavorativa. Contestualmente, continua ad esplodre l’hashtag #OfficeSiren, che ha superato i 115 milioni di visualizzazioni, con tutorial su come ricreare look ispirati all’immagine dell’impiegata sexy ma disillusa. Le influenze stilistiche spaziano da “The Office” e “Sex and the City” a moodboard di Tumblr e Pinterest, creando un mix tra ironia e malinconia.

La Corporate Nostalgia, infatti, si pone in contrasto con la “Boom Boom Era” concettualizzata dal trend forecaster Sean Monahan – caratterizzata da lusso ostentato tipico degli anni ’80 – e recupera la sobrietà dell’estetica aziendale, privata però del suo spirito edonista. È burnout, ansia da performance, voglia di evasione. Eppure, proprio in questo caos, nasce la voglia di ordine. Di routine. Di un dress code. Di un cubicolo che dia almeno l’illusione della stabilità.

È un’estetica che fa leva su uno spazio mentale più che fisico. Gli uffici – soprattutto quelli anni ’90 e 2000 – diventano luoghi di proiezione generazionale, simili ai liminal spaces o alle backrooms: ambienti anonimi, sospesi, surreali. Un altrove in cui l’adolescente di oggi immagina l’età adulta, così come idealizza le adolescenze passate attraverso Tumblr e serie cult.

Sembra un paradosso, ma funziona: la Gen Z, che rifiuta il classico 9-to-5, sta romanticizzando proprio quei luoghi che la Gen X ha imparato a odiare. Come se l’alienazione, oggi, fosse più desiderabile del caos. Come se la nostalgia per un mondo prevedibile – per quanto opprimente – fosse più sopportabile dell’incertezza attuale.

Gli uffici non torneranno davvero. Ma continueremo a vestirci come se fossimo ancora lì. Perché il business, oggi, è soprattutto un’immagine. E forse sognarlo è solo un altro modo per dire che ne siamo ancora prigionieri.