“Don’t Panic” di Tedua è un’opera fatta di dettagli

Dopo un annuncio lampo sui social, ieri è uscito “Don’t Panic” di Tedua, un progetto totalmente inaspettato sia per tempistiche che per contenuto. La produzione si interpone tra il mixtape “Vita Vera Mixtape”, uscito in quarantena, e “Divina Commedia”, disco che il pubblico aspetta da anni ma che, dato il periodo, non ha ancora avuto il suo momento.

Soffermandosi a pensare, le particolarità non mancano: per cominciare si tratta di un mash-up, non di un disco, né di un ep. È un flusso di coscienza lungo 10 minuti, senza pause e senza tagli, in cui Tedua si ristabilisce sul trono della drill italiana freestyle dopo freestyle.

Mi piace definirlo per ciò che è: un mash-up di strofe, troppo forti per restare nel computer e troppo freestyle per finire nell’album.

Tedua su Instagram

Il rapper genovese ha deciso di far uscire il progetto prima su YouTube che su qualsiasi altra piattaforma con un unico video di 10 minuti in cui viene rappresentato il viaggio dell’artista verso l’ingresso dell’Inferno.

Collegandosi alle tematiche affrontate in “Vita Vera Mixtape”, i colori scelti per la clip sono fortissimi: partendo dai toni rossi dell’inferno per poi inoltrarsi in un’oscurità piena fino alle porte dell’ade, Tedua (che è in prima persona direttore aristico del video) dà vita ad un’ambientazione surreale di cui lui è il protagonista. Ad accompagnarlo, come soggetto fisso, c’è un microfono che sembra uscire direttamente dal centro della terrra, fatto di rami, intrecci e nodi. Un bastone di Caronte e un rovo della Selva Oscura.

La produzione del disco è in gran parte affidata a Chris Nolan, ormai presenza fissa, ma compaiono anche Sick Luke, Garelli e Shune, per un suono nel complesso veramente fresco, diretto e d’impatto. Ancora una volta Tedua conferma la sua capacità di rinnovarsi. I testi rispondono con decisione alle stesse caratteristiche, avventurandosi ancora di più in una vasta gamma di tematiche, tra cui quell’immaginario della Divina Commedia a lui ormai carissimo.

Soprattutto nel brano con cui si apre il progetto sono presenti davvero tanti richiami all’opera di Dante. “Inferno”, infatti, trasuda rimandi e richiami di un’eleganza speciale: Wesh muovi quel culo alla svelta, Trap dalla riva, Caronte traghetta. […] Posti di blocco, ma agente mi creda io sono un angelo caduto a terra (come Lucifero), e poi ancora Quanti gironi che mancano (come quelli del peccato dell’inferno), ho solo smarrito la via (come Dante). […] DanTedua all’inferno verso il paradiso.

Tedua porta tanto della sua identità anche in questo progetto: mentre sceglie di aprire diverse barre con la parola araba “wesh” (un saluto) che è propria di un dizionario di strada fatto di integrazione e unione, parla della scena rap italiana che vede denaturata, e ne discute in modo pungente.

E così parli di strada proprio adesso che ti ho visto
Fare quella marchettata per avere nel tuo disco
Gente che non sa niente, prende e spende i soldi a caso
E ti compri una collana come se fossi obbligato (Ah)
Tedua, leva la tua arroganza

Tedua in “Lo-fi Drill”

Tedua mette in chiaro diverse cose: tecnica, contenuto, flow. Il risultato è un santino che tutti i rapper italiani potrebbero tenere nel portafogli per ricordare che questo è un mestiere per cui serve talento. Le rime sono complesse, gli incastri banali non contemplati, c’è poesia ma c’è anche irruenza, non è solo una storia narrativa. Tutto questo accade senza allontanarsi dai suoi connotati. Di questo ne è semplice ma chiara la scelta, fatta per il brano “Lo-Fi Drill”, di un campionamento della colonna sonora dell’anime “Tokyo Ghoul”, genere di cui Mario è super fan. Puntare in alto senza tradirsi.

Quello che chiarisce “Don’t Panic”, più di tutto, è che il contenitore non conta nulla se il contenuto è una mina. Non sono serviti mesi di promo, non è servita una compagna di singoli sponsorizzati su Spotify, non è quel tipo di storia. Si parla solo di musica e alla gente, come dimostrano le 700.000 visualizzazioni in 24 ore, piace.