Ci troviamo in un periodo storico particolarmente difficile in cui tutto ci scivola addosso talmente velocemente che rende ancora più complesso affezionarsi a qualcosa. Se ciò non può essere detto per una persona o più semplicemente qualcosa che si possiede, la stessa cosa non vale per la musica che, a oggi, è forse diventata l’espressione artistica più volatile che ci sia al punto da farci diventare evitabile l’uscita di un disco e farci passare l’hype per qualunque drop.
Forse è solo un sentimento figlio dei tempi che viviamo, forse è solo la risposta a una scala di valori completamente rivoluzionata o forse è solo la conseguenza dell’assenza di un possesso fisico, fatto sta che non sembra esserci più una brulicante attesa per i dischi in uscita, che siano questi nostrani o internazionali. Tutto ci scorre davanti come una monoposto di Formula 1 passa davanti a uno spettatore all’Autodromo di Monza: c’è attesa e adrenalina per vedere i piloti sfrecciare sulle loro vetture, se ne assapora il passaggio con il rombo del motore in lontananza, ma ci si rende conto velocemente che il loro transito dura un secondo e nulla più. Giro dopo giro, l’adrenalina per il passaggio delle monoposto si affievolisce e finiamo solo per attendere meccanicamente l’ennesima accelerazione a 300 km orari, come se fosse la più normale delle azioni.
Allo stesso modo, non ci stupiamo più di vedere un artista uscire con più di un disco all’anno, lo stesso artista che magari è stato martellato nei commenti dai fan per settimane e mesi interi con l’intenzione di sapere quando finalmente nascerà questo nuovo figlio artistico, salvo poi dimenticarci della sua esistenza una volta avvenute le congratulazioni di rito a seguito della venuta al mondo.
This is not a drill, Kendrick just dropped the album. Stream GNX on Spotify now! pic.twitter.com/xelyUEMCSQ
— Spotify (@Spotify) November 22, 2024
In questo ecosistema ricco di fretta e privo di attesa, la discografia si è resa conto di non poter scatenare interesse se non per pochi minuti, e conseguentemente anche le uscite arrivano sempre più a ridosso degli annunci o addirittura senza questi ultimi. Se un tempo i dischi andavano annunciati un paio di mesi prima dell’uscita, ora è più comune vederli comunicati al pubblico pochi giorni prima della pubblicazione ufficiale. Anzi, è sempre più frequente vedere artisti di primissimo livello come Marracash, Kendrick Lamar e Drake evitare il circo mediatico a passare direttamente alla release.
Ma perché questo avviene? Semplice: come detto, non abbiamo più hype. Se anche un disco venisse annunciato due mesi prima dell’uscita, non scatenerebbe due mesi di conversazioni, ma al contrario spegnerebbe il bollore formatosi al momento del proclamo creando quindi lo stesso risultato (o addirittura minore) rispetto alla stessa pratica portata avanti a una decina di giorni dall’uscita. Partendo da questo assunto, perché un artista e la relativa etichetta dovrebbero investire tempo, impegno e denaro per un lungo periodo di tempo quando è sufficiente ridurre tutto al minimo per ottenere i medesimi risultati? Ha perfettamente senso, specialmente ora che il primo mezzo di comunicazione per un’artista sono i suoi social e non c’è nulla di meglio se non ridurre il numero di comunicazioni e utilizzare direttamente una call-to-action che rimandi direttamente all’ascolto delle tracce inedite.
C’è stato un periodo in cui artisti come Kanye West iniziavano la promozione di un album con mesi di anticipo, con singoli mirati, video backstage in studio di registrazione, merchandising, interviste esclusive e molto altro. Mesi in cui il nostro desiderio di ascoltare questo fantomatico My Beautiful Dark Twisted Fantasy montavano lentamente come panna montata da mettere su un dolce. Ora invece vogliamo il piatto pronto, servito caldo e pronto da mangiare senza troppi assaggi o spiegazioni delle preparazioni.
Ma perché il concetto di hype si va a perdere? Un insieme di cose: da un lato, la mancanza di tangibilità ci fa concepire tutto come volatile e rapido, mentre dall’altro siamo drogati di hype al punto che ormai niente è più abbastanza. Tra performance negli stadi, orchestre, video cinematografici con attore e registi di prima fascia e strutture imponenti, niente è più abbastanza: ci annoiamo subito e ogni comunicazione ci sembra dovuta, scontata, il minimo indispensabile per ricevere informazione. Ormai tutto ci annoia, e anche un progetto con 30 featuring, un video diretto da Paolo Sorrentino e l’affitto del Louvre come location del video di lancio ci sembra scontato.
«Gli album a sorpresa danno agli artisti del respiro per avere impatto e controllo su come la loro musica viene droppata, anticipa i leak e lascia parlare la musica per se stessa».
Rachel Finn, su DIY Magazine
Il risultato? Semplicemente che i dischi hanno vita breve: a parte alcuni colossi internazionali alla Bad Bunny, tutti puntano alle sempre più ambite “first week sales” che sembra ogni giorno di più l’unico dato rilevante per giudicare il successo o meno di un album. E noi? Non abbiamo più voglia di aspettare, consapevoli che dopo il disco di A$AP Rocky o Rihanna ne arriverà un altro, e poi un altro ancora. A nessuno interesserà promuovere un progetto volatile e a noi non interesserà ascoltarlo per più di 4 o 5 giorni, eccezion fatta per qualche pezzo che entrerà nella nostra playlist della palestra o che manderemo al nostro ultimo Tinder date per impressionarl*.
Addio hype, è stato bello. Eppure la musica figa continua continua a uscire. Speriamo solo che riusciremo a ricordarla come tale.