Se siete rimasti scioccati nel vedere Ayo Edebiri recitare nel nuovo videoclip di Tyler, The Creator, NOID, del suo nuovo lavoro CHROMAKOPIA, significa che siete ancora in tempo per conoscere la magnifica estetica cinematografica che da sempre accompagna ogni sua nuova opera. Infatti ripercorrendo l’intera carriera di Tyler Gregory Okonma non è raro imbattersi in una costante ricerca visuale, che nel tempo è diventato un vero e proprio marchio di fabbrica di ogni suo nuovo periodo artistico.
Così come ogni album intensifica il proprio spettro musicale e narrativo in relazione ad una determinata tematica su cui l’artista si concentra, conseguentemente la linea registica e visiva dei videoclip ne amplifica il pensiero creando dei veri e propri film a sè stante. Quando nel 2010 il suo album di esordio Bastard vide la luce, firmando anche la regia dei videoclip con lo pseudonimo di Wolf Haley, la sua cinematografia così come lo stile compositivo delle stesse canzoni erano volutamente scarni, ridotti all’osso, con l’utilizzo della ripresa a mano che si rifaceva molto all’estetica dei primi film pirata legati al mondo alla cultura skate losangelina.
Ma nel corso della sua carriera l’aspetto cinematografico è diventato sempre più preponderante, traendo ispirazione dallo stile di alcuni dei suoi registi preferiti come Wes Anderson (come in “BROWN SUGAR SALMON“) o la comune artistica della Nouvelle Vague (in “A BOY IS A GUN“), tanto da affidarsi fin dal principio a uno dei più importanti direttori della fotografia come Luis “Panch” Perez, già collaboratore di Kanye West, Jay Z e Pharrell Williams, così come di Converse e Supreme, che ne ha fortificato ancor di più l’estetica.
Intervistato nel 2021 da Crack Magazine, Perez ha raccontato come il rapporto lavorativo con Tyler si sviluppi su molteplici piani di lavorazione che non corrispondono unicamente al senso registico di uno specifico videoclip. Dalla scelta del colore fino alla consistenza di ciò che si vuole mostrare, anche attraverso la scelta di un determinato abbigliamento, nessun elemento deve essere lasciato al caso: “se vogliamo creare un mondo che abbia determinati colori o determinati stati d’animo, dobbiamo assicurarci che si integri con ciò che i protagonisti indossano. Un ottimo esempio è la sequenza del treno nel videoclip di “BROWN SUGAR SALMON“. Tyler indossa toni chiari come il pesca e l’arancio, mentre le tende gialle e la sedia verde completano l’estetica della parete marrone. Tutte queste cose hanno avuto un ruolo. Quindi, quando abbiamo deciso di farlo, [Tyler] avevamo già in testa quale fosse la tavolozza dei colori. L’illuminazione doveva accentuarlo in modo appropriato e creare l’atmosfera che avrebbe permesso al mondo di adattarsi al modo in cui lo vedeva”.
Al di là dell’aspetto puramente estetico con cui Perez enfatizza tutti gli elementi scenici, ciò che colpisce di ogni loro singola produzione è la capacità di creare contestualmente dei microfilm che riflettono delle tematiche insite nello stesso album, con elementi alle volte neanche citati nelle stesse lyrics, pur avendo una connessione semantica con l’opera. “Si tratta di viaggiare. Si tratta di fuggire. Si tratta di esplorare e darsi l’opportunità di avventurarsi nel mondo senza sentirsi spaventati o preoccupati. Non penso necessariamente che debba essere chiaro per i fan. Siamo noi che stiamo davvero scavando nell’idea di realizzare queste piccole storie brevi. Direi che è lo stesso processo, la stessa mentalità, che Tyler sta cercando di mostrare attraverso la sua musica ed è in una posizione unica per farlo”.
Ma dove risiede la forza principale del Tyler pensiero? Per Rav Avora gran parte di ciò definisce il suo lavoro è una continua provocazione artistica, dipingendo ritratti caotici, volgari e assurdi sulle sue tumultuose esperienze di vita e sui conflitti di identità. “Le canzoni, così come i suoi testi, permettono agli ascoltatori d’immergersi profondamente nella catarsi della sua psiche, carica di pensieri suicidi e percezioni dell’omosessualità in una cultura eteronormativa. Il video musicale di “Yonker“, archetipico del radicalismo giovanile e creativo di Tyler, mostrava lo stesso artista giocare con un voluminoso scarafaggio tra le mani per poi vomitarlo subito violentemente. L’effetto dell’immagine rivoltante era chiaro: provocare e sfidare la percezione del mondo di comfort e bellezza. Tyler sapeva esattamente cosa voleva provocare attraverso lo schermo e ha capito subito che il modo migliore per attirare l’attenzione del pubblico era forzare lui stesso ad aprire gli occhi”.
Il suo genere così eclettico, fatto di continue sfumature che spaziano dal rap al jazz, così come al punk rock californiano, si fa carico di ricchi e continui significati meta-testuali che ritroviamo perfettamente anche nella costruzione dei differenti protagonisti che popolano i suoi videoclip. Ognuno di essi presenta una maschera ben distinta e uno stile estetico ben appropriato che lo differenzia da qualunque periodo artistico che il musicista ha affrontato. Dall’asettico scenario del primo Tyler di Goblin, fino al personaggio di Igor che popola ogni videoclip dell’omonimo album, costruendo un perfetto triangolo amoroso in chiave filmica, ogni lavoro rappresenta un concept album visuale, cristallizzando un’estetica diversa da qualsiasi altro artista del panorama contemporaneo.
Quindi, cosa vogliono raccontarci e mostrarci i primi due videoclip di CHROMAKOPIA, ST. CHROMA e NOID, rilasciati nelle scorse settimane? Rispetto ai precedenti lavori, dove si denota fin da subito l’assenza dei colori sgargianti, finti pastello, a favore di un nero glaciale, sembrano prendere piede tematiche sicuramente più legate alla condizione odierna degli artisti afroamericani e al lascito culturale dei propri antenati.
La marcia di ST. CHROMA con Tyler, the Creator mascherato, rappresentazione del perenne dualismo tra immagine pubblica e privata, sembra rappresentare, secondo le varie interpretazioni che stanno spopolando via social, la catena generazionale degli artisti che lo hanno preceduto e guidandoli verso il container denominato CHROMAKOPIA, che successivamente esploderà, voglia mostrare come non sia più accecato dalle tradizioni del passato e che ora possa vedere il mondo con i suoi colori reali.
Al contempo c’è anche chi sostiene che l’intera scena potrebbe essere interpretata come una critica al modo in cui la società costringe gli individui a conformarsi (soldati in marcia) in ruoli predefiniti o “scatole”, mentre Tyler lotta con l’idea di essere visto in modo autentico anziché nascondersi dietro una maschera, commentando fama, identità, e le aspettative della società, di cui ne amplifica ulteriormente il messaggio in NOID con una citazione al videoclip Runaway di Kanye West. L’estetica quasi monocromatica rafforza ulteriormente l’idea che in questo sistema di conformità si perdono la complessità e il “colore” delle identità individuali rifacendosi soprattutto alla visione dei cineasti surrealisti e in particolar modo di Luis Buñuel, con l’iconico Un chien andalou del 1927.
“Chroma in realtà ha una seconda definizione: l’aspetto della tonalità di un colore che dipende dalla quantità di nero o bianco in esso contenuto. Credo che questo sia un commento sui modi in cui gli afroamericani sono limitati nel modo in cui possono “mostrare il loro colore”, cioè esprimersi. Ma più specificamente, come ci siano poche, se non nessuna, figura nella musica di oggi così vivace, colorato e senza paura di osare come Tyler. Tyler, the Creator vive in una cornucopia di colori tutto solo. Questo album sembra voglia chiedersi proprio questo. Qual è la forza che spoglia qualcuno del suo colore e lo lascia intrappolato nella CHROMAKOPIA?”.
Se CHROMAKOPIA segna davvero un nuovo capitolo nella visione artistica di Tyler, the Creator allora il cambiamento visivo che accompagna quest’opera sembra richiamare qualcosa di più intimo e profondo. Non più solo una vetrina di stile e provocazione, ma un’esplorazione dell’identità afroamericana, del lascito culturale e di come le percezioni sociali possono sbiadire o alterare l’essenza di un individuo. La sua estetica evolve in un terreno dove ogni scelta è una dichiarazione, dall’uso dei colori fino alla composizione dei protagonisti: CHROMAKOPIA diventa così il manifesto di un’espressività libera dai canoni imposti, in cui Tyler si staglia, colorato e autentico, contro uno sfondo che vuole appiattire e “rendere monocromatica” la sua identità, artistica e non.