Tyler, The Creator è di nuovo tra noi, ma sembra soltanto di passaggio; ha preso un biglietto di sola andata e ci ha raccomandato di chiamarlo se ci dovessimo perdere. Lui nel frattempo prosegue, perché alla fine il cielo is just what we stand on to reach the beyond, non il limite – dice in “RUNITUP”.
“Call Me If You Get Lost” è uscito lo scorso giovedì, buttato fuori appena una settimana dopo averlo annunciato, esattamente “alla Tyler”, che delle promo per il disco non se ne è mai fatto granché, e non è assolutamente da tutti. Tyler è una persona di per sé appariscente, lo è di natura, e non ci tiene affatto a far sapere a tutti che cosa sta facendo, preferisce raccontarcelo tutto in un colpo. Eppure, se vogliamo esser precisi, l’artista di Los Angeles ci aveva già detto da un anno e mezzo di essere in partenza. Il viaggio di “Call Me If You Get Lost” è infatti iniziato lo scorso anno, durante i Grammy Awards ai quali Tyler si è presentato già pronto con la valigia, i vestiti ben ripiegati e riposti – perché in fin dei conti è sempre giusto portarsi dietro il proprio bagaglio – e proprio lì, sulla targhetta di quella valigia poggiata e aperta di fronte agli occhi di tutti, stava scritto “Call Me If You Get Lost”. Allora non potevamo decisamente capire, ma Sir Baudelaire si era già presentato con il suo colbacco bianco.
Tyler per questo disco si è portato dietro proprio tutto, non manca niente. La bici, il cielo, i colori pastello, il Cartier Crash che si addice perfettamente alla sua persona, per niente conforme a ciò che siamo abituati a vederci intorno; ci sono i viaggi, le valigie, la RR, i sample di Nas (e non solo i suoi). C’è il suo idolo DJ Drama che lo accompagna nel viaggio e c’è Lil Wayne che gli fa compagnia per 2 minuti e mezzo. È sempre lo stesso Tyler, innegabile dire il contrario, però questa volta ci permette di conoscere un nuovo volto, quello di Tyler Baudelaire.
Come tutti i precedenti alter ego del rapper, questa nuova personalità è impossibile da definire al primo ascolto, ma neanche ai primi dieci. È una figura articolata, complessa, che prima di tutto vuole metterci in chiaro che non gli interessa che cosa pensiamo di lui, vuole solo piacere a sé stesso e a quella ragazza sfuggente che insegue in numerose tracce del disco. Una figura che in fin dei conti si riconcilia perfettamente con ciò che conosciamo, ma gli dà un valore diverso, compatto, tanto importante da aver bisogno di un nome a sé. E possiamo percepirlo chiaramente da numerose barre del progetto, a partire da una frase detta in “CORSO”: “they call me Mr. Always On Some Shit You Never Seen”.
Remember I was rich so I bought me some new emotions / And a new boat ‘cause I rather cry in the ocean
Tyler, The Creator in “CORSO”
Tyler Baudelaire è un personaggio molto più incisivo, gli piace ostentare, mettere sul tavolo i propri traguardi, ma senza nascondere l’insofferenza che continua inevitabilmente a portarsi dietro. Chiusa in valigia, potremmo dire. Il materialismo smodato è un tema ricorrente nel disco e ben approfondito fin dalle prime tracce. “CORSO” mette in luce il primo evidente aspetto della nuova personalità, quello di un conflitto interno affrontato alla Marilyn Monroe (“se devo piangere preferisco farlo sul sedile posteriore di una Rolls Royce, piuttosto che su quelli di un vagone del Metrò”). Tyler ha soldi ma non emozioni, vuole emozioni ma compra una barca su cui piangere, e nonostante lui stesso ci dirà a fine progetto che tale malessere è solo un altro capitolo del libro della sua vita – magari concluso con l’uscita di questo disco -, sembra proprio una condizione pronta a ripresentarsi. In ogni caso, barche e oceani saranno ricorrenti per tutto il disco. Tyler è solito parlare di auto, Rolls Royce costose e consolatrici, ma stavolta si sente annegare – come ci dice in “SWEET / I THOUGHT YOU WANTED TO DANCE” – e la sua valigia sembra essere l’unica ancora.
The greatest thing that ever happened to me was / Bein’ damn near twenty and leavin’ Los Angeles for the first time
Tyler, The Creator in “MASSA”
I got out my bubble, my eyes, just wide / My passport is the most valuable
Questo disco è un grande omaggio a tutto ciò che sta nel passato. È evidente che Tyler voglia portarsi sempre dietro quanto di più prezioso abbia vissuto nella sua vita. In “MASSA” capiamo perché la sua licenza di viaggio sia così estremamente importante da metterla in copertina, ed è molto semplice: andarsene via da casa, dalla sua città, lo ha salvato. Tyler ha lasciato Los Angeles a 20 anni per iniziare il tour con gli Odd Future e da allora non si è più fermato. Uscire dalla quotidianità di un ambiente povero e lontano dai suoi interessi gli ha permesso di capire e capirsi, comprendere il suo ruolo e definire la sua persona, partendo alle volte con passi azzardati. Nello stesso brano sopracitato, “MASSA”, spiega infatti che è proprio questo il motivo per cui “Cherry Bomb” sounded so shifty. Stava sperimentando, testando sé stesso per comprendere la direzione.
Nonostante il suo passato in un ambiente non esattamente agiato, Tyler non è mai finito nelle gang di spaccio e non è mai caduto nell’abuso di droghe, eppure comprende l’estrema facilità di fare il passo sbagliato. Ciò che vuole dirci è chiaro: partite, sperimentate, uscite dalla vostra bolla. Un messaggio che si legge anche tra le righe del suo sito web callmeifyougetlost.com, dove ci ha lasciato la possibilità di realizzare la nostra personale licenza di viaggio. Non abbiamo più scuse. Ed è lui stesso a prendersene la responsabilità, se qualcosa va storto, call me.
Rap (Rap music, nigga) / Helped us see clear when the lightin’ was dim, dim
Tyler, The Creator in “RUNITUP”
A farlo uscire dalla sua bolla non è stata solo quella partenza, perché prima di questa era già stata accesa una miccia, quella del rap. Tyler è rimasto estremamente fedele a quel genere che lo ha ispirato cambiandogli la vita, quella musica che gli ha fatto luce lungo una strada buia. Molte delle parti preziose legate a quella cultura se le è infatti portate dietro in “Call Me If You Get Lost”, a partire dalla copertina fino all’accompagnamento di DJ Drama che percorre tutto il disco.
Di rap vecchio stile non c’è solo la cover, ispirata a quella che già avevamo visto sul disco di Ol’ Dirty Bastard del Wu-Tang – con un intento molto diverso, ma si trattava pur sempre di una card piena di significato – ci sono anche numerosi sample che rendono omaggio al suo passato e che coprono un arco temporale che parte dagli anni ’70 per arrivare ai giorni nostri. Tra i numerosi scelti ne troviamo alcuni interessanti: “Nazareth Savage” di Nas in “MANIFESTO” e “Michael Irvin” di Westside Gunn in “SIR BAUDELAIRE”, per dirne alcuni.
Am I doin’ enough or not doin’ enough? / I’m tryna run with the baton, but see, my shoe’s in the mud
Tyler, The Creator in “MANIFESTO”
I feel like anything I say, dawg, I’m screwin’ shit up (Sorry) / So I just tell these black babies, they should do what they want
Tyler Baudelaire ostenta ma non dimentica le sue origini, è ancora incerto e alle volte insicuro, ma sa che continuando a inseguire ciò che vuole tutto andrà per il meglio. “MANIFESTO” è una traccia piena e impegnativa, quasi pesante, in cui il rapper risponde a tutte le accuse che gli sono state rivolte negli anni per il linguaggio e i testi controversi. È stato giusto o sbagliato? Ma soprattutto, si meritava le conseguenze? Per Tyler è stato un percorso necessario e non se ne vergogna, fa parte di quel bagaglio che ancora oggi porta con sé. Sir Baudelaire ha maturato la convinzione che, qualsiasi cosa tu faccia, sarà sempre sbagliato – e qui si riferisce anche alle accuse ricevute per la sua poca esposizione nel movimento BLM, quando in realtà lui stesso è sceso in piazza per protestare. Quindi, fai quello che vuoi. Non deve essere il pensiero altrui a definire chi siamo, anche se ciò significa sentirsi spesso nel posto sbagliato.
Pink loafers scuff quickly, Fiat cost a buck sixty / I’ll keep it a buck fifty, y’all can’t really fuck with me
Tyler, The Creator in “SAFARI”
E per giungere all’esaltazione massima di sé stessi, non possiamo che concludere con la sua Fiat 131 Abarth Rally, citata nelle ultime barre di chiusura del disco, ma utilizzata anche nel teaser “SIDE STREET” realizzato per l’annuncio. Un modello storico degli anni ’70, customizzato a dovere per sfoggiare una carrozzeria rosa pastello che riflette perfettamente lo stile di Tyler. Le auto non sono nuove tra le sue passioni, non sono tipiche soltanto di Sir Baudelaire – Tyler sfoggerà anche la sua Lancia Delta HF Integrale nel video di “WUSYANAME” – ma restano uno degli strumenti che più lo caratterizzano, in quanto utilizzate per fuggire dalla solitudine e dalle insoddisfazioni. Ostentazione, ricerca, capire come colmare i vuoti e far colpo su quella ragazza che alla fine lo definisce “nessuno”. Tutti temi a cui il disco gravita attorno, e che possono essere perfettamente applicati alla sua Abarth Rally.