Se negli ultimi giorni è diventato il calciatore più chiacchierato d’Inghilterra non è per le gesta sul campo, anche se è proprio grazie ad un suo gran gol che pochi giorni fa il Manchester United è riuscito nella difficile impresa di espugnare il Parco dei Principi di Parigi. Stiamo parlando di Marcus Rashford: l’attaccante dei Red Devils e della Nazionale inglese è al centro del dibattito politico interno per la lunga lotta contro contro la povertà alimentare infantile, una battaglia personale che lo vede protagonista in prima persona ormai da mesi e che adesso è tornata nel vivo sui social.
Già all’inizio dell’anno, il numero 10 dello United aveva iniziato a coinvolgere con successo enti benefici e associazioni locali per assistere i più bisognosi durante il periodo di massima diffusione del COVID-19, riuscendo a ottenere nel giro di pochi giorni oltre 20 milioni di sterline per garantire i pasti a bambini e studenti poveri e ottenendo un eco spaventoso in tutto il Paese.
All’inizio dell’estate poi Rashford ha provocato nuovamente il governo, non esitando a scagliarsi senza mezzi termini contro alcuni membri conservatori del Parlamento inglese, sottolineandone apertamente la delusione per la mancanza di empatia nei confronti del problema che era stato sollevato, avanzando la richiesta di garantire i buoni pasto gratuiti per milioni di bambini e studenti in difficoltà economica anche durante il periodo di vacanza. In pochi mesi, insomma, Rashford è riuscito ad influenzare i colloqui governativi e a convincere persino il Prime Minister Boris Johnson della bontà della sua istanza, una questione che non ha nulla a che fare con la politica, ma con l’umanità.
Da allora Rashford ha iniziato a prendere le sembianze di un eroe popolare, di un attivista moderno, un’icona a la Robin Hood: ha ricevuto un honorary doctorate dall’Università di Manchester in virtù della sua straordinaria campagna ed è addirittura stato nominato dalla Regina Elisabetta in persona Membro dell’Impero Britannico, un riconoscimento simbolico per il suo impegno sociale profuso durante la pandemia e che solamente in pochissimi possono vantare. Ed è proprio il titolo di MBE a campeggiare accanto al suo nome sul suo account Twitter, quello che nelle ultime ore è diventato un infinito bollettino di aggiornamenti e notizie riguardanti la sua petizione #endchildfoodpoverty e l’esito delle sue iniziative (come l’aumento del valore dei voucher e il coinvolgimento di soggetti privati come aziende, ristoranti e negozi di alimentari) che, giorno dopo giorno, stanno toccando scuole, distretti e comuni di tutto il territorio inglese. Nel silenzio di tanti colleghi o di comuni cittadini, questi traguardi hanno avuto l’effetto di galvanizzare l’intero panorama culturale e politico, dando invece speranza di cambiamento e un fortissimo senso di solidarietà e di community.
Sebbene i motivi che hanno spinto Rashford ad intraprendere questa serie di azioni a scopo benefico (già alla vigilia del Natale 2019 si era mosso per aiutare i senzatetto) siano da ricondurre alla sua infanzia piena di difficoltà trascorsa a Wythenshawe, nella periferia sud di Manchester insieme alla madre originaria di Saint Kitts e ai fratelli, il modo in cui l’attaccante inglese ha deciso di portarle avanti con tenacia e coraggio hanno contribuito a renderlo un vero un modello per i più giovani, al pari di tanti leader del passato. Anche perché Rashford non ha ancora compiuto 23 anni, sebbene la precocità sia stata da sempre uno dei suoi punti di forza: grazie ad una puntuale serie di gare con gol all’esordio (in Europa League, poi in Premier League, in League Cup, in Champions League, con la Nazionale Under 21 e quella maggiore) è entrato nella storia del Manchester United e della Nazionale inglese, diventando inevitabilmente uno degli uomini di punta della new wave che sta cambiando la storia del calcio british insieme ai coetanei Dele Alli, Tammy Abraham e Jadon Sancho.
Rashford non ha semplicemente prestato la sua immagine per campagne dense di significato come quella dello scorso Black History Month o nei recenti spot di Nike, ma ha deciso di sfruttare concretamente e nel modo più giusto la sua popolarità e i suoi followers, scegliendo di esporsi da influencer vero, dimostrando una sensibilità molto rara per un ragazzo così giovane.
Per fortuna Marcus Rashford non è l’unico calciatore del panorama inglese che negli ultimi anni ha utilizzato la propria maturità per veicolare messaggi di un certo tipo (pensiamo al suo ex compagno di squadra Chris Smalling, impegnato attivamente con Football Beyond Borders, e ovviamente ad Hector Bellerin) contribuendo a cancellare l’immagine negativa di molti calciatori professionisti, divenuti famosi per vicende come il gossip o le scazzottate fuori dal pub.
Oltre che per la sua massiccia risonanza mediatica legata alle sue battaglie a difesa dei diritti dei più giovani, il 2020 può essere considerato l’anno in cui Rashford ha fatto breccia in maniera definitiva nella cultura popolare inglese anche per via della presenza sempre maggiore sulla scena musicale, dove era già sbarcato da tempo per via delle strofe dedicategli da Youngs Teflon, AJ Tracey o Dave: ormai “up front like Marcus Rashford” è una delle barre più utilizzate nel rap e nel grime.
Proprio durante i duri mesi del lockdown, durante i quali l’attaccante di Manchester era impegnato insieme a FareShare e grosse catene di supermercati nel racimolare soldi ed organizzare la distribuzione del cibo su tutto il territorio nazionale, è entrato a far parte di Roc Nation Sports. Non è un caso che l’agenzia di management sportivo fondata da Jay-Z abbia deciso di puntare forte su di lui (non soltanto per la profonda amicizia che lo lega a uno dei pochi calciatori affiliati, Romelu Lukaku), brevettando il suo nome negli Stati Uniti in vista di nuovi progetti che lo riguarderanno da vicino.
Marcus Rashford è un grande calciatore ma prima ancora è un grande uomo. In un’era in cui gli atleti europei fanno molta fatica ad esporsi per motivi esterni allo sport, questo ventiduenne è riuscito a tutti gli effetti a cambiare una nazione. Non una cosa da tutti.