Tra gli ospiti presenti al Nameless 2019 avremo il piacere di ascoltare anche Nitro, uno dei migliori artisti in concerto, così abbiamo deciso di fargli qualche domanda.
Il rapper vicentino è tornato a farsi sentire dopo un anno di silenzio. “No Comment“, in realtà, è uscito poco più di un anno fa, ma da allora sembra essere passata una vita. Ora siamo sicuri che Nitro stia buttando giù il suo prossimo album, ma prima, ci ha spiegato, dovrà fare un viaggetto oltreoceano in cerca della giusta ispirazione.
Una volta hai detto: “rappo perché non mi so esprimere”, ma ascoltando i tuoi testi così chiari ed espliciti non si direbbe. Come mai il rap rende tutto più semplice?
“Diciamo che il rap non rende tutto più semplice, lo rende artisticamente valido, che è diverso… non mi permetterei mai di esprimere il mio pensiero su qualsiasi cosa se non ci fosse il compromesso artistico, semplicemente perché attraverso la musica ti può piacere COME dico qualcosa anche se non ti piace cosa dico. Soprattutto, però, non sto usando le parole per scopi non produttivi. Spesso mi trovo a scrivere stories e cancellarle pensando: dille in musica, su internet tutto suona in un modo diverso.”
Ritrovarsi sul canale YouTube di Colors è stata un’enorme vittoria. Raccontaci come è successo.
“Semplicemente hanno visto le mie cose e si sono presi bene. Sono ragazzi gentilissimi ma comunque super professionali. Mi sono sentito davvero a casa e quando tornerò a Berlino passerò sicuramente a salutarli. Ho cercato di rappresentare al meglio l’Italia, sono contento del risultato, anche se vorrei tornarci e fare ancora meglio. Chissà, magari in futuro…”
All’estero hanno apprezzato, i commenti che dicono “I don’t understand you but I feel you” sono stati sicuramente una grande soddisfazione. In Italia eravamo pronti per questo? Cosa ha significato per il nostro pubblico?
“Sto cercando di fare musica che piaccia indipendentemente dalla lingua che parli. È molto difficile, ma dopo lo sbarco all’estero di tanti rapper italiani, su tutti Sfera che ha aperto le porte, è possibile arrivare anche a un pubblico esterno all’Italia. Non posso quindi guardare solo all’Italia nel momento in cui scrivo e, soprattutto, non posso pensare che la gente sia pronta. La gente ha bisogno di tempo per capire i dischi, specialmente quelli in cui l’artista cerca di dire qualcosa. So benissimo di non fare musica facile o da primo ascolto, a differenza di altri lo accetto e ne accetto anche le conseguenze. So che lavoro per un obiettivo che ai miei occhi va oltre le vendite o gli stream, campo in cui comunque non posso lamentarmi. Voglio solo essere musicalmente la persona che sono nella vita: una persona che si mette in dubbio sempre e cerca di migliorarsi ogni giorno.”
In America, un anno fa, Kendrick Lamar vinceva il Premio Pulizer per il suo album “DAMN.”. Hai mai pensato che, se fossi nato in un Paese in cui il rap viene riconosciuto a dovere, i tuoi testi sarebbero stati più compresi?
“Sono già fortunato, le mie parole mi hanno portato lontano, e ho appena cominciato! Se riuscirò a ottenere qualcosa di grande sarò ancora più contento sapendo il contesto da cui vengo: la difficoltà di un obiettivo fa solo più grande chi lo realizza. Bisogna crederci.”
Sei uno di quelli che crede di poter cambiare le cose o che non vede l’ora di andarsene lontano?
“Sono entrambi, penso. Vorrei cambiare le cose ma vorrei pure andarmene. Forse perché quando guardi le cose da lontano le analizzi meglio e poi torni ricaricato a fare ciò che devi fare. Se la domanda riguarda l’Italia, la massima cosa che posso fare è spingere il mio pubblico a VOTARE, non conta chi, ma basta che votino. La situazione attuale è molto delicata e dobbiamo pensare bene a come gestire il nostro futuro.”
Ci sono artisti, come Marracash, che non amano il momento della scrittura perché comporta il mettere in gioco emozioni spesso pesanti. Come vivi il processo di creazione e promozione di un album?
“Sono d’accordo con lui. Impazzisco una volta all’anno per fare il disco, perché scavo molto e non sempre mi piace quello che trovo. Quando esce il disco e lo promuoviamo per me è già acqua passata, penso ad altro.”
Vivere per scrivere o scrivere per vivere. Esiste davvero una risposta a questa domanda?
“Sì, se riesci a fare entrambi hai vinto. Equilibrio è la risposta.”
Il tuo curriculum vanta collaborazioni importanti, basti pensare che solo nel 2012 eri presente nell’ep “Casus Belli” di Fabri Fibra. Recentemente hai aggiunto Ernia alla lista. Quali sono i rapper che non dovranno mancare?
“Quelli che hanno voglia di far musica con me… sto per aprire il mio studio, il mio numero ce l’avete. Solo presa bene e condivisione. La scena sta funzionando molto a compartimenti stagni e questo rischia di creare un’omologazione non indifferente, il confronto è la chiave, io voglio imparare da chi è diverso non da chi è uguale a me. Vi aspetto.”
Qual è la cosa che più di tutte riesce ad aprirti la valvola di sfogo?
“Le piccole cose, i dettagli. “
Se c’è una cosa che la trap ha saputo fare è far parlare. Ha portato il rap all’attenzione di tutti, ma, per alcuni, ha tolto spessore al genere. Qual è il compromesso per poter arrivare il più lontano possibile?
“Cercare di smettere di etichettare la musica sarebbe un buon inizio. Anche smetterla di urlare allo scandalo, che ormai i 50enni hanno visto i Sex Pistols dal vivo e questi, a confronto, sono chierichetti. Questo per il pubblico. Gli artisti invece dovrebbero imparare, io per primo, a odiare l’abitudine: non bastarsi mai, non voler mai fare una cosa uguale a un’altra, rimanendo sempre sé stessi. Costantemente in corso d’aggiornamento. Io ci tengo ai miei testi e a dire qualcosa, non obbligherò moralmente gli altri a farlo perché hanno il loro modo di vivere la loro musica e questo ci distingue e ci rende diversi, solo cose positive.”
Da qualche anno a questa parte la figura del producer si sta facendo importante. Sembra che ognuno abbia il proprio, mentre i nomi dietro ai tuoi album sono sempre molti. A chi affideresti un tuo intero disco?
“A Salmo.”
Con Mic Tyson, tu e DJ Ms, avete reso attuale quello che anni fa è stato il trampolino di lancio di molti rapper. Era proprio questo l’intento del progetto?
“Assolutamente. Si tratta di restituire ciò che mi è stato dato, è tutto ciclico.”
Ormai è chiaro che stai lavorando al tuo nuovo album. Per scrivere “No Comment” sei volato a Berlino, mentre adesso il luogo sembra essere di nuovo Milano. Questa volta cosa ti ha dato l’ispirazione giusta?
“Stavolta andrò a farmi un giro oltreoceano. Ci vediamo presto…”