
Prima, una volta tolti gli scarponi da sci, si usavano le pedule in pelle pura per passeggiare sulla neve, ma erano totalmente inadeguate poiché si bagnavano subito e di conseguenza diventavano pesanti. Oltretutto, non si può dire che fossero di un bell’aspetto. Insomma non erano né praticamente né esteticamente valide. Detto questo, urgeva il bisogno di inventare qualcosa di nuovo in grado di ovviare al problema.
Il 20 luglio 1969 alle ore 20:17:40 UTC l’Apollo 11 adempì alla sua missione e portò l’uomo a sbarcare sulla luna. Il primo fu Neil Armstrong, che toccando il suolo lunare affermò l’emblematica frase “un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”. Nulla di più vero: quell’impresa concesse definitivamente all’umanità di guardare oltre l’orizzonte per mirare a universi che ci sono sempre sembrati irraggiungibili, aprendo dunque le porte a un futuro pieno di possibilità sotto diversi aspetti. Il periodo della cosiddetta “corsa allo spazio”, malgrado sia cominciato su spinta della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, è stato un ventennio totalmente rivoluzionario che non è sbagliato dire abbia portato la società a evolversi come la conosciamo ora.
Ora vi starete chiedendo perché abbiamo cominciato a parlare delle calzature di montagna e siamo finiti nella spiegazione storica della Space Race. Tranquilli, non stiamo delirando, un motivo c’è, perché la tanto attesa innovazione nell’ambito del footwear après-ski è infatti strettamente collegata all’allunaggio.
È per questo che prima di addentrarci nei dettagli per rendere più chiaro questo collegamento, vogliamo ricordare come in quel periodo storico nacque la cosiddetta Space Age, una vera e propria corrente che non influì soltanto in termini scientifici, tecnologici, industriali ed economici, ma definì soprattutto la cultura e l’estetica dell’epoca andando a toccare ambiti come il design, l’automotive, il cinema, la letteratura e la moda.
Uno degli esempi più evidenti della sua manifestazione riguarda Giancarlo Zanatta, un imprenditore e produttore di scarpe di Montebelluna, che rimase talmente colpito da un cartellone gigante nelle strade di New York raffigurante la celebrazione della più grande conquista dell’uomo oltre la Terra da ispirarlo a progettare un prodotto in grado di rivoluzionare non solo il destino dell’azienda di famiglia, ma anche quello del costume in generale. Dalla sua intuizione nacque infatti il Moon Boot, un doposci che riprendeva piuttosto fedelmente le calzature in dotazione all’equipaggio della NASA copiandone pure l’emblematica impronta. Era alto quasi fino al ginocchio, ambidestro e unisex, con una struttura imbombata fatta di schiuma di poliuretano, nylon e finiture in PVC. Grazie a questa combinazione di materiali risultava leggero ma resistente, comodo, morbido e impermeabile e forniva il necessario calore ai piedi. Sostanzialmente era simile agli scarponi da sci, ma ha saputo colmare tutte le mancanze funzionali e stilistiche di questi ultimi.

Lo sviluppo di questo straordinario prodotto portò conseguentemente tutta una serie di stravolgimenti alla Tecnica, l’azienda fondata dalla famiglia Zanatta, che da una piccola realtà trevigiana specializzata nella fabbricazione di scarpe antinfortunistiche si trasformò gradualmente in una multinazionale capace di operare su diverse tipologie di calzature e materiali. Dunque non stiamo parlando soltanto della storia di un singolo uomo o di un singolo articolo ma di un mondo che stava cambiando e di un’industria che si affacciava alla globalizzazione.
Il primo lancio, nelle due varianti rossa e blu, fu una specie di scommessa: i Moon Boot avevano tutte le carte in regola per sfondare ma dopotutto non era nemmeno così scontato. Quando invece vennero vendute mille paia in un solo giorno alla fiera in cui vennero presentati fu piuttosto chiaro che l’idea funzionava. Il loro successo non era dovuto soltanto al fatto che Giancarlo Zanatta seppe catturare lo zeitgeist culturale del tempo ed elevare lo standard di funzionalità richiesto dagli amanti delle montagne, ma a diversi elementi che comprendevano per esempio l’essere democratici, il valore del product design Made in Italy e soprattutto il loro aspetto eternamente futuristico ed iconico con il logo ben in vista e tonalità accese che rivitalizzarono il noioso guardaroba sciistico degli anni Settanta. Ben presto furono infatti in grado di conquistare gli appassionati sportivi delle piste da sci più attenti allo stile d’avanguardia, ma anche gli aristocratici habitué che puntualmente passavano le loro settimane bianche a Cortina e Courmayeur, sorpassando addirittura l’appartenenza allo specifico brand per trasformarsi in una generica tipologia di footwear. Nel 1984 le vendite toccarono un milione di pezzi, nel 2002 vennero selezionati dal Louvre tra i 100 oggetti di design simbolo del XX secolo e oggi sono tuttora presenti nell’esposizione permanente del MoMA di New York.

Soltanto nel 1978 Tecnica registrò ufficialmente il marchio Moon Boot ma ciò non significa che negli anni non furono spudoratamente copiati da più o meno chiunque, case di moda comprese. Tra queste ricordiamo per esempio Chanel, Gucci, Prada, Dolce&Gabbana, Louis Vuitton e Dior. A porre fine a questa problematica fu però il caso di Chiara Ferragni, che dopo aver lanciato con il suo nome un modello glitterato simile in tutto per tutto ai Moon Boot originali, venne citata al Tribunale di Milano con tanto di sentenza che le impose di ritirarli. Non solo, la legge finalmente si è espressa sentenziando che, essendo i Moon Boot “un prodotto che ha avuto la forza e la capacità di fare evolvere e modificare il gusto di un’intera epoca storica in relazione agli oggetti di uso quotidiano”, possono essere considerati “un’opera creativa dotata di valore artistico e per questo tutelabile dalla legge sul diritto d’autore contro la contraffazione”.
Ma al di là dei rip-off, nei decenni abbiamo assistito anche a numerose collaborazioni che hanno saputo reinventare il modello confermando la sua versatilità anche nel contesto urbano. Impossibile quindi non citare le partnership con Fendi, Jimmy Choo, Chloé, MSGM, Jeremy Scott, Moncler + Palm Angels, KITH e GCDS, che nella campagna “Trip Daily” dell’autunno/inverno 2021 ha svelato una serie di interpretazioni inedite con toni pop, inserti faux fur e patch con Hello Kitty.
Inutile precisare come anche le celebrities di tutto il mondo sono state colpite dal loro fascino integrandolo con i loro tratti distintivi, di cui citiamo Paul McCartney, Dua Lipa, Kim Kardashian, Lil Nas X, Billie Eilish, Mariah Carey e Paris Hilton, la quale nei primi anni Duemila ha lanciato una vera e propria tendenza tra il jet-set.
Oltre alla diffusione per l’appunto del trend Y2K e di tutte le versioni più casual proliferate negli ultimi anni, recentemente Moon Boot sembra voler abbracciare una nuova fase di rilancio basata sul riaffermare l’originalità e l’heritage attraverso un fitto programma di collaborazioni e un’accattivante strategia comunicativa. Anche il lato dell’e-commerce è stato notevolmente potenziato rendendo chiara l’intenzione di un efficace riposizionamento sul mercato. Insomma, mai come ora i leggendari doposci sono tornati sulla cresta dell’onda, dimostrando che il loro appeal è destinato a essere immortale.