Definire questo inizio 2021 come un periodo davvero florido per il rap inglese potrebbe essere l’eufemismo dell’anno. Come vi abbiamo raccontato in questo articolo, sono tantissimi infatti i nomi in rapida ascesa in UK, oltre a diversi colossi che negli ultimi anni si sono affermati come superstar internazionali. Questo primo quadrimestre ha già regalato dischi importanti e di pregevole fattura, alcuni persino sbalorditivi: “Money Talks” di Fredo, “TYRON” di slowthai, “Conflict of Interest” di Ghetts, “Wild West” di Central Cee sono solo alcuni dei dischi più chiacchierati – e venduti – degli ultimi mesi. Anche Dave, dopo il ruolo di produttore esecutivo nel disco di Fredo, è tornato con “Titanium & Mercury”, un mini-EP di due tracce che sembra far presagire un ritorno ben più corposo. Tutto ciò mentre, ad inizio anno, Skepta lasciava intendere che, forse, il 2021 sarà l’anno che segnerà il suo ritiro dal mondo della musica. Sono ancora speculazioni, ma la sorpresa vera è che proprio in virtù della forte crescita delle nuove leve, il vuoto lasciato dal suo ritiro potrebbe risultare meno incolmabile del previsto. A metà aprile, ultimo di questa serie di uscite tripla A, anche AJ Tracey è tornato con un progetto ufficiale: “Flu Game” è infatti il secondo disco ufficiale del rapper classe ’94.
Nato a Brixton e cresciuto a Ladbroke Grove – zona di Londra a cui ha intitolato la sua hit di maggior successo -, all’anagrafe Ché Wolton Grant, AJ Tracey è una delle star più in vista del rap inglese. Dal 2016 in poi la sua crescita è stata inarrestabile, grazie a successi come la già citata “Ladbroke Grove”, “Thiago Silva” o “Butterflies”, che gli hanno permesso di fare incetta di certificazioni. La sua capacità di sfruttare al meglio le sonorità tipicamente inglesi, oscillando tra la grime più dura e sonorità dance che recuperano tutto il bagaglio della garage UK, gli ha permesso di costruire una cifra stilistica che lo differenzia da tutti i suoi colleghi. In Italia il suo nome è finito anche nei radar di chi non bazzica molto il rap inglese, in virtù di un legame di amicizia con Sfera Ebbasta; i due sono stati avvistati spesso insieme, la sua presenza in “Famoso” era inizialmente molto quotata, e anche la presenza del rapper di Cinisello in un suo progetto ufficiale era tutt’altro che da scartare. Al momento questa connessione non si è ancora consolidata, ma è lecito pensare che sia davvero solo questione di tempo.
Una connessione che invece si è consolidata è quella tra AJ Tracey e l’America. Tra tutti i rapper inglese citati finora, Tracey è infatti il più capace di dar vita a progetti che, a livello di atmosfere e approccio, nonché di sound, risultino davvero spendibili nel mercato discografico d’oltreoceano. “Flu Game”, il suo nuovo album, ne è la riprova, nonostante al suo interno manchi magari il featuring con il colosso del rap a stelle e strisce – come successo, ad esempio, a Skepta, che ha in catalogo collaborazioni con Drake e A$AP Rocky. Certo, in questo disco ci sono comunque nomi di spicco quali NAV e T-Pain, ma non c’è la superstar da blockbuster. Il che non è necessariamente un male, anzi, e permette ad AJ di caricarsi sulle spalle il peso di dar vita ad un disco di successo solo con le sue forze. Missione compiuta.
“Flu Game”, come da titolo e da artwork, trova la sua fonte d’ispirazione principale nel mondo del basket. Se AJ Tracey è conosciuto per essere uno sfegatato tifoso del Tottenham e, più in generale, un cultore del calcio – e i riferimenti non mancano neanche in questo disco, da Peter Crouch a Kylian Mbappé -, nel nuovo lavoro riscopre una vena cestistica tutt’altro che banale. Il titolo è un omaggio all’epica partita disputata da Micheal Jordan nel 1997 a Salt Lake City, contro gli Utah Jazz, realizzando una prestazione monstre e portando a casa la vittoria nonostante fosse terribilmente debilitato da un’intossicazione alimentare. La foto della cover del disco si ispira anch’essa ad uno scatto iconico nella carriera di MJ, e la promozione del disco ha seguito lo stesso filone, con un annuncio che, nei modi, si rifaceva a quello dello stesso Jordan, quando decise di tornare alla palla a spicchi dopo l’esperienza nel baseball. Come se non bastasse, poi, gli stessi titoli in tracklist sono zeppi di riferimenti: “Kukoc”, “Cheerleaders”, “Eurostep”, “Draft Pick”, “Summertime Shootout”. Insomma, qualunque appassionato di basket dovrebbe essere già in visibilio, ma poi arriva la musica, e anche quella è di livello assoluto.
Se il confronto con i colleghi illustri Fredo e slowthai non regge dal punto di vista dello storytelling più introspettivo – di strada, nel caso di Fredo, e psicologico, in quello di slowthai -, AJ Tracey si aggiudica decisamente più punti a livello di sonorità e di varietà. La sua capacità di hitmaker su sonorità più dance è indiscussa, probabilmente è l’artista inglese per eccellenza da questo punto di vista. Anche quando si misura con la grime e con i suoni drill, però, non teme confronti, e sfoggia capacità tecniche e metriche che non hanno nulla da invidiare ad altri nomi blasonati. Le atmosfere cupe di “Anxious”, la drill incalzante di “Kukoc”, il sound ipnotico di “Bring It Back”, l’aria rilassata di “Eurostep”: “Flu Game” è un disco che abbraccia una gamma ampissima di sfumature, ed è davvero in grado di non scontentare nessuno. L’imprinting vocale e il filo rosso tematico scelto da AJ Tracey gli permettono, inoltre, di non sacrificare la coerenza generale in nome della varietà, ed è tutt’altro che scontato.
Se vi piace il rap inglese, “Flu Game” è un ascolto obbligatorio. Se vi piace il basket, anche. Se vi piace il calcio, idem, con un occhio di riguardo per il resto della discografia di AJ Tracey. Se vi piace la buona musica in generale, poi, il consiglio resta lo stesso: date un ascolto alla sua musica, non ve ne pentirete. Anzi, la sfida vera è ascoltare “Ladbroke Grove” e non finire completamente ammaliati dal ritmo irresistibile. Non ci credete? Chiedete allora agli oltre 143 milioni di streaming che il brano ha collezionato. Ci sembrano una discreta garanzia.