I Grammy e il problema con la musica

Negli ultimi anni ai Grammy ne abbiamo viste succedere di ogni. Drake, Kanye West, Kendrick Lamar, Eminem, Tyler, The Creator. La lista di artisti che la Recording Academy – associazione che presenta i Grammy – si è messa contro nel corso nel tempo è incredibilmente lunga, e non è iniziata da uno, due anni, bensì dal 1989, il primo anno nella storia in cui il rap veniva riconosciuto tra le categorie.

Vi chiederete come sia stato possibile che l’inserimento di una categoria interamente dedicata al rap non abbia reso felici gli esponenti del genere. Beh, è molto semplice. La categoria è stata inserita per la prima volta dopo circa un decennio dalla nascita del movimento nel Bronx e, nonostante il tempo atteso, l’hip hop non aveva ancora abbastanza importanza da essere trasmesso in televisione: la premiazione ci sarebbe stata, ma soltanto nel pre-show dell’evento. Un riconoscimento alquanto effimero agli occhi degli artisti coinvolti.

Best Rap Performance 1989
DJ Jazzy Jeff & The Fresh Prince – Parent’s Just Don’t Understand – VINCITORI
LL Cool J – Going Back To Cali
Salt N Pepa – Push It
J.J. Fad – Supersonic
Kool Moe Dee – Wild Wild West

Il giovane Will Smith, al tempo conosciuto come The Fresh Prince, non accettò le condizioni proposte dalla Recording Academy, definendo la decisione come uno schiaffo in pieno volto. “You go to school for 12 years, they give you your diploma, and they deny you that walk down the aisle”, aggiunse. La scelta di boicottare l’evento e non presentarsi coinvolse Russell Simmons e Lyor Cohen, della Def Jam, e Rush Artist Management, che rappresentava LL Cool J, DJ Jazzy Jeff e The Fresh Prince. Alcuni di questi, alla fine, decisero comunque di presentarsi alla cerimonia, perché in fondo l’entusiasmo di salire per la prima volta su quel palco – anche se a telecamere spente – era forte; altri restarono fedeli alla decisione. Come disse Jazzy Jeff senza mezzi termini, “gran parte del comitato dei Grammy era composto da uomini bianchi di 60 anni che questo genere non lo capivano”

Fu questo il primo incontro tra i Grammy e l’hip hop, e fu anche il primo grande caso di boicottaggio che ha riguardato la celebre cerimonia; certamente non un buon inizio. È servito a qualcosa? Non lo sappiamo. Fatto sta che l’anno successivo, nel 1990, anche alla categoria rap fu permesso di apparire in diretta TV.

Pagine del giornale Los Angeles Herald Examiner, 23 febbraio 1989; via Adler Hip Hop Archive

Un passo era stato fatto, l’indole ribelle degli artisti hip hop aveva fatto il suo ingresso ai Grammy ed era riuscita a mettersi al pari delle altre categorie. Adesso si presentava un altro problema: la poca trasparenza e l’isolamento in quella categoria che, più che una vittoria, negli anni, iniziava a sembrare una condanna. 

Il disaccordo con le nomine fatte nelle varie categorie si è sempre fatto sentire dai più alti esponenti. Nel 1999, dieci anni dopo l’episodio precedente, Jay-Z non si presentò alla premiazione perché deluso dal fatto che i Grammy continuassero a trascurare i migliori artisti hip hop. Ed Eminem nel 2017 si infuriò perché la Recording Academy non aveva assegnato alcun premio né a Jay-Z né a Kendrick Lamar, “è come se fossero sordi riguardo ciò che sta realmente accadendo” affermò in un’intervista con Sway Colloway, “non fateci venire qui per usarci come argomento di spicco per il vostro show”.

You think I give a damn about a Grammy?
Half of you critics can’t even stomach me, let alone stand me

Eminem in “The Real Slim Shady”

Carter si è ripresentato ai Grammy solo nel 2004, a sostegno della moglie Bey. E mentre Eminem ha proseguito indisturbato con il suo pensiero, Jay-Z ha invece trovato il perdono e nel 2018 è salito sul palco dello Staples Center dicendo di aver capito che l’arte è una cosa soggettiva. “Tutti stanno facendo del loro meglio”, ha affermato, “loro sono umani come noi e votano su cose che gli piacciono ed è soggettivo”. Jay ha aggiunto che il modo migliore è sostenersi a vicenda, perché “qualunque cosa accada ai Grammy, Bob Marley sarà Bob Marley, che sia nominato o meno, Tupac sarà Tupac, Biggie sarà Biggie.”

Il problema, però, non si ferma alla scelta delle nomine. Un altro punto che è emerso negli anni è la continua tendenza ad escludere il rap dalle categorie generali, insistendo per di più a collegare tutto ciò che è nero solo ed esclusivamente al rap – come successo lo scorso anno con “IGOR” di Tyler, The Creator o nel 2017 con “Hotline Bling” di Drake. “Non è una canzone rap, ma è l’unica categoria in cui riescono ad inserirmi”, affermò il cantante. Una questione che sembra essere molto più legata al colore della pelle, piuttosto che al genere.

Se andiamo a controllare i vincitori dei Grammy dal 1989 ad oggi, gli artisti rap che hanno ottenuto il premio Album Of The Year sono due: gli OutKast con “Spearkerboxxx/The Love Below” e Lauryn Hill con “The Miseducation of Lauryn Hill”; in generale, gli artisti di colore nella storia a vincere questo premio sono stati poco più di un decina. “This Is America” di Childish Gambino è stato invece nel 2019 il primo brano rap a vincere come Song Of The Year. A tal proposito, proprio Drake si fece beffa della cerimonia organizzando nel 2014 i suoi “Hood Grammy” su Instagram, sottolineando la necessità della presenza di più rap all’interno della cerimonia. 

Col tempo, però – forse seguendo l’esempio di Jay-Z – la strada della diplomazia sembra essere stata quella vincente e maggiormente percorsa, tralasciando quell’episodio in cui Kanye West, in un raptus di follia contro l’industria discografica, decise di mostrarsi mentre urinava su uno dei grammofoni vinti (quest’anno ne ha vinto un altro, siamo curiosi di scoprire il suo destino). Drake ha infatti cambiato decisamente approccio ed è stato forse uno dei più incisivi e corretti nell’esposizione del proprio pensiero. Se nel 2019, insieme a Kendrick Lamar e Childish Gambino, decise di rifiutare la proposta dell’esibizione, una volta salito sul palco a ritirare il premio di “God’s Plan” – rigorosamente nella categoria rap – aveva detto chiaro e tondo che quei premi non rispecchiano il valore di un artista. La questione, infatti, è diventata molto più grande e la poca trasparenza nelle nomine e nelle premiazioni, col passare del tempo, è iniziata a pesare anche al di fuori del mondo hip hop.

Quest’anno, dopo le forti accuse di corruzione da parte di The Weeknd verso la Recording Academy, il cantante di Toronto ha nuovamente insistito su quanto espresso l’anno prima: “Dovremmo accettare che ormai questo premio, una volta la più importante forma di riconoscimento per chi fa musica, non abbia più rilevanza per gli artisti di oggi e di domani“. E quel “domani” è diventato decisamente più concreto con la scelta di The Weeknd di impedire alla propria etichetta di presentare la sua futura musica ai Grammy, mossa già adottata ad esempio da Frank Ocean nel 2016 con il suo album “Blonde”. Una forma di boicottaggio che, se presa d’esempio, potrebbe diventare un problema da non sottovalutare.