Come nasce un custom?

Non è da oggi che abbiamo cominciato a parlare di personalizzazione delle sneakers. Nella nostra serie di interviste abbiamo discusso con figure autorevoli di Player Exclusive, di bespoke e finalmente parliamo ora dell’elemento originario che ha portato all’evoluzione personale della scarpa: il custom.

Per l’occasione abbiamo parlato con i ragazzi di Laboratorio 17, team del Bresciano che vanta una larga produzione originale e un numero interminabile di commissioni destinate ad artisti, personaggi dello spettacolo e soprattutto atleti. Uno degli ultimi lavori è una coppia di custom realizzato per la stella del Paris Saint-Germain Neymar Jr., in occasione del suo ventottesimo compleanno.

Con i ragazzi di Laboratorio 17 abbiamo parlato del progetto Neymar Jr., del loro processo creativo, delle lavorazioni più complesse e di come crescere nel mondo del custom.

Laboratorio 17 è di per sé un gruppo famigliare, giusto?

Sì, è stato fondato da noi due, Stefano e Francesco Lancini. Tutto è nato nel 2014 e ovviamente non sapevamo che questa idea sarebbe diventata un lavoro. Abbiamo iniziato schizzando di vernice delle normali Stan Smith bianche, per renderle diverse. Tutto è partito da quel semplice tentativo di avere ai piedi qualcosa di diverso. Io (Francesco, ndr) vengo da scuole artistiche e avevo dei colori a casa. All’epoca lavoravo ancora in uno studio di design. Io invece (ora è Stefano a parlare, ndr) lavoravo e lavoro tuttora nel mondo della moda e della nightlife. Abbiamo aperto la pagina Instagram senza molte pretese, e pian piano ci siamo evoluti.

Come siete arrivati quindi a lavorare con Nike e altri grandi nomi?

Ci contattarono loro sulla nostra pagina Instagram nel 2017. Ci invitarono a Napoli, da Urban Jungle, per celebrare i 35 anni di Nike Air Force 1. Avremmo dovuto personalizzare le scarpe sul momento a chiunque acquistasse una AF1. Accettammo subito. Da lì in poi il rapporto è cresciuto e abbiamo iniziato a lavorare anche per gli atleti del brand.

Quindi vi scoprirono sui social network.

Sì. Mio fratello lavora nei locali a Brescia, e ciò fungeva anche da via preferenziale per raggiungere gli artisti, soprattutto agli inizi. Un artista andava alla serata, io realizzavo la scarpa per lui e tramite mio fratello gliela potevamo dare nel backstage. All’epoca furono Capo Plaza e Tony Effe a farci fare un bel salto in termini di numeri sui social network. Ci taggarono subito e ci permisero di raggiungere un pubblico non indifferente.

Solitamente è il marchio che vi contatta per realizzare qualcosa per un atleta o anche voi proponete delle creazioni?

Di solito è il brand che ci chiama per realizzare qualcosa in occasioni speciali. Può essere per il compleanno di un atleta, come per Neymar, o il suo matrimonio, come ad esempio Sergio Ramos, o ancora quando rinnova il contratto con il suddetto marchio, come successe con Icardi.

Come si sviluppa il processo?

Il brand ci chiama e assieme studiamo il custom. Ovviamente l’atleta non sa nulla e non deve sapere nulla fino alla ricezione del prodotto finito. L’unico che viene coinvolto è di solito il referente in Nike dello sportivo in discussione, anche perché ne conosce bene i gusti, standogli vicino.

Avete carta bianca o ricevete delle indicazioni?

Dipende. Diciamo che una gran maggior parte di lavorazioni viene dalle nostre teste, avendo avuto carta bianca. Noi presentiamo qualche design tramite mock-up grafici, internamente loro si confrontano e poi ci viene detto con quale precedere, e così passiamo alla lavorazione.

Altre volte, come in quest’ultimo lavoro per Neymar, abbiamo delle linee guida da seguire. In questo caso dovevamo eseguire il design messo a punto da BestBefore2065 di due diverse Nike Blazer: una bianca, da indossare a un “white party” che di conseguenza aveva un tema cromatico, e una più colorata che si doveva ispirare a un nuovo scarpino Nike Mercurial che sarebbe uscito in futuro.

Lavorate anche sui box e sulla presentazione dei prodotti?

Solitamente no, noi ci occupiamo solo della scarpa. Poi ovviamente il lavoro deve essere corale, spesso infatti il box va a richiamare l’estetica della scarpa. Per quella di Neymar infatti ci siamo relazionati con Best Before 2065, autori del box, durante tutto il procedimento, visto che entrambi dovevamo seguire delle linee guida ma arrivare a una destinazione comune.

Uno dei motivi per cui seguiamo solo la scarpa solitamente è anche il tempo. Spesso infatti il tempo per la realizzazione dei concept e poi del prodotto finale è veramente poco, ecco perché il brand ci fornisce solo la scarpa, senza particolari indicazioni su packaging o materiali aggiuntivi.

Immagino non lavoriate solo con i brand, giusto?

Esatto, facciamo anche molti lavori indipendenti. Poi tra i giocatori si scatena il passaparola. Molti si conoscono, quindi se a uno piacciono le scarpe viste sull’altro, ci chiamano per realizzarle. Per Higuain ad esempio andò così. Lui vide Musacchio a una cena con indosso una nostra creazione, gli piacquero e ci chiamò pochi gironi dopo per avere una sua versione.

Quali sono i lavori a cui tenete di più?

La Air Force 1 di Mauro Icardi è un prodotto a cui teniamo molto. La lavorazione è stata lunga e complessa, crediamo inoltre che il risultato finale sia davvero particolare. Il suo manager ci aveva mandato le foto dei tatuaggi di Icardi in alta definizione, così che noi potessimo ricrearli. Piccola curiosità in merito. Purtroppo non abbiamo avuto un gran feedback su quella creazione. La scarpa faceva parte di un regalo di Nike a Icardi, insieme a un trolley personalizzato e a una giacca in stile college. Purtroppo si trattava del periodo in cui aveva appena perso la fascia di capitano all’Inter, per cui aveva smesso di pubblicare post sui social network.

La situazione sicuramente ha influito. L’atleta comunque non è tenuto a postare sui social, giusto?

Esatto. Avevamo realizzato delle scarpe anche per il matrimonio di Sergio Ramos, e altre ancora per Dembélé, ma nessuna di queste è stata postata. Altri invece come Bruno Fernandes e la Nazionale Francese di basket hanno fatto diversi post e Instagram stories in merito.

A volte gli atleti non postano perché non possono farlo. Capita che le nostre creazioni siano usate dai brand come “armi” per convincere dei giocatori a firmare per loro. Avendo ricevuto la scarpa prima della firma però non possono metterla sui social network, non essendo tecnicamente atleti sponsorizzati.

Quale secondo voi è stata la lavorazione più lunga e complessa?

Quella di Neymar, senza dubbio. I mini loghi di Neymar sullo swoosh sono tutti realizzati a mano. Ti assicuro che per realizzarli tutti uguali in quella dimensione ci abbiamo davvero perso la vista.

Parlando sempre della scarpa di Neymar. Che mi dite del lacelock?

Per quei dettagli è stata coinvolta una gioielleria nel vicentino. Si tratta di una gioielleria vecchio stampo, con lavorazioni tradizionali, ma spesso collabora con Nike a questi progetti particolari. Nel dettaglio, le due scarpe di Neymar presentano un lacelock in oro per la Blazer bianca, uno in argento per quella colorata. Per quanto riguarda il loro design, è stato discusso da Best Before 2065 insieme alla gioielleria, così da trovare una linea estetica omogenea. Con loro abbiamo lavorato anche ad altri progetti, come ad esempio le Air Force 1 di Icardi.

Lavorando con tanti calciatori, vi è mai capitato di customizzare degli scarpini?

In realtà sì, ma solo da esposizione. Avevamo customizzato uno scarpino per le 500 partite in Premier League di James Milner. In quell’occasione abbiamo provato a dipingere sul cleat in poliuretano ma tutte le alterazioni della tomaia create per aumentare il grip col pallone rendevano praticamente impossibile un’applicazione precisa del colore. Il brutto del custom delle scarpe da calcio è che molto difficilmente si può garantire la durabilità della personalizzazione, considerando i tocchi costanti col pallone. Inoltre. molti calciatori sono vincolati dai brand a usare prodotti in commercio, motivo per cui non potrebbero utilizzare custom.

A livello tecnico, come si è evoluta la vostra modalità di lavorazione? Dai materiali utilizzati allo sviluppo.

Quando abbiamo cominciato usavamo i colori acrilici che avevamo in casa, e ci limitavamo a qualche schizzo, al massimo un paio di pennellate. Poi la situazione si è evoluta e abbiamo provato a dedicarci in toto a questa attività. Abbiamo studiato le tecniche più avanzate e siamo passati all’utilizzo di prodotti specializzati quali i colori Angelus. Poi siamo passati anche ad altre lavorazioni, includendo applicazioni, come ad esempio la bandana. Questo tipo di custom è forse la nostra creazione più famosa ed è stato copiato da tantissimi. Si tratta di un modello nato per 6ix9ine, il rapper. Ci siamo ispirati a lui e alle sue bandane per creare un modello da regalargli in occasione del concerto a Brescia.

Come siete arrivati a fare dei custom che vanno oltre la solita applicazione di colore e si basano su alterazioni strutturali del modello?

Abbiamo dovuto fare ricerca e qualche prova. Siamo partiti dall’usare semplice ago e filo e poi col tempo ci siamo attrezzati con una macchina da cucire. Poi abbiamo fatto anche altre tipologie di custom strutturale, ad esempio le Nike Air Force 1 con lo Swoosh “reflective” o quelle con il tape, il nastro isolante colorato. Anche in questi casi si parla di cuciture.

Lavorare sulle applicazioni ci ha sempre interessato, per questo ora stiamo provando anche tecniche più sperimentali. Ora stiamo lavorando con dei gel, o meglio delle plastiche liquide che dopo la stesura si solidificano subito e rendono la scarpa davvero unica.

Un’altra tipologia che utilizziamo è la cubicatura, la stampa idrografica. Si usa tanto nella colorazione delle carrozzerie. Su uno specchio d’acqua viene steso uno strato con uno o più colori e trame, poi viene immerso l’oggetto che viene rivestito dalla sopracitata pellicola colorata, rimasta attaccata grazie alla presenza di un aggrappante. Si tratta di una tecnica che abbiamo usato per le scarpe della Nazionale Francese di basket. Essendo tante scarpe, abbiamo puntato a una lavorazione come questa, rapida e particolare. Il risultato finale sarà sempre diverso per via del fatto che lo specchio d’acqua non è perfettamente immobile. A livello di lavoro, la parte più faticosa arriva dalla mascherazione delle parti che non si vuole colorare.

Chiudiamo parlando di futuro. Avete mai pensato al bespoke?

Sicuramente, è uno dei nostri obiettivi. Stiamo proprio lavorando in quella direzione, con il desiderio di aprire un’officina, una sorta di calzolaio 2.0.
In questo modo potremmo fornire un servizio davvero completo che va dalla minima applicazione di colore agli swoosh alternativi, dall’applicazioni di materiali alla ricreazione da zero della scarpa con materiali diversi.