Viviamo in un momento storico in cui il significato di uniforme è sempre più discusso: dal punto di vista professionale e sociale può indicare identificazione a un corpo o a un’istituzione, tant’è che è senz’altro uno degli hot topic dell’ultimo anno e ne avevamo già parlato all’interno di questo articolo. Qui, invece, avevamo approfondito come anche realtà come Polizia, Carabinieri e compagnie aeree possano affidarsi all’occhio esperto di un designer o di importanti maison produttrici, da Hugo Boss a Giorgio Armani.
È bene sapere, però, che anche i grandi marchi tech hanno consolidato nel corso degli anni un legame forte e credibile con fashion designer e marchi d’abbigliamento. Si tratta di una storia tanto interessante e curiosa quanto lontana (geograficamente parlando) a noi. Nasce tutto oltreoceano, grazie all’incontro tra due figure, i quali strascichi creativi sono al giorno d’oggi ancora influenti, seppur in ambiti totalmente differenti. Le due personalità di cui stiamo parlando sono quelle di Issey Miyake e Steve Jobs, e la storia che vogliamo affrontare non verte sul trito e ritrito discorso riguardo il celebre golfino a collo alto che fu per l’appunto disegnato e realizzato dal designer giapponese per l’imprenditore californiano.
A giudicare dagli outfit sfoggiati durante interviste, conferenze ed eventi di presentazione dei prodotti Apple, il guardaroba di Jobs era molto simile a quello di Dexter, quindi basato su una vera e propria uniforme da indossare tutti i giorni: sneakers New Balance, denim Levi’s e quello storico maglioncino minimal.
Il rapporto tra Steve e Miyake va ben oltre quel “semplice” maglioncino nero. Il loro legame è una testimonianza che avvalora maggiormente il discorso secondo cui si prediligono alcune uniformi a discapito di altre per motivi principalmente utilitaristici. Rimanendo fedeli a quanto leggiamo su Spoon & Tamago, Jobs conobbe Miyake nei primi anni del 1980, in seguito a una visita presso la sede di Sony, occasione in cui incontrò il chairman Akio Morita. Fu quello il momento in cui venne a sapere che tutti i dipendenti dell’azienda asiatica indossavano una divisa da lavoro standard: una giacca color panna disegnata da Miyake con le maniche rimovibili che si trasformava in vest, un pezzo degno di molti brand techwear che puntano su design simili ancora oggi.
Steve Jobs volle portare un capo d’abbigliamento molto simile in Apple, ma non riscontrò feedback particolarmente positivi dai suoi dipendenti. Probabilmente il design non incontrava i gusti dei lavoratori dell’azienda di Cupertino, che solo qualche anno dopo iniziarono a vestirsi con comode giacche in pile.
È risaputo, infatti, grazie ai numerosi thread di Twitter e Reddit, che a cavallo degli anni ’90 e 2000 Apple si è affidata a Patagonia per la realizzazione di fleece per il suo staff in diverse in colorazioni, contraddistinte dal “Rainbow logo” disegnato da Rob Janoff. Sempre sui social in questione, è recentemente emersa una giacca che veniva indossata negli anni 2000 dagli impiegati degli Apple store. Un pezzo che è riuscito a far impazzire i collezionisti di workwear, techwear e quant’altro, probabilmente a causa della palese somiglianza con il modello di Arc’teryx “Beta AR Jacket”.
Come nel caso dei pile firmati Patagonia, anche per questa giacca Apple non ha deciso di puntare su una brillante silhouette immaginabile da un designer, quanto su un look, un taglio e una manifattura molto diversa. La giacca, che per essere uscita negli anni 2000 è da considerare avanti con i tempi, è firmata Port Authority, supplier che fornisce prodotti anche per Texakoma e Starbucks, un capo d’abbigliamento che punta sulla praticità grazie alle sue numerose tasche. Possiamo asserire che si tratti di un design e di una colorway molto più vicina allo stile europeo e statunitense, motivo per cui è stata “digerita” molto più facilmente rispetto alla giacca targata Miyake Design Studio caratterizzata da un taglio tradizionalmente orientale.
Mentre Apple non è riuscita a instaurare un rapporto con i brand di alta moda, Sony ci è invece riuscita, spingendosi anche oltre ai semplici vestiti da lavoro. Nel 2015, sempre Issey Miyake ha lavorato alla Holiday Collection “Record” in collaborazione con Sony, una collezione nata dalla tecnica lavorativa conosciuta come “omoiiro”, ovvero il sistema utilizzato per estrapolare la palette colori dalle fotografie.
Dunque, le grandi aziende tech sembrano voler trovare una spalla “fashion” su cui contare per due principali motivi: spesso alcuni designer sono in grado di dare un’accezione utility a moltissimi capi, ma allo stesso tempo non possiamo nascondere che vogliano anche un tocco in più dal punto di vista estetico, o perlomeno è quello che deduciamo dalla collaborazione tra Amazon e Luly Yang Design Group. La maison, che prende il nome dell’omonima designer taiwanese, ha addirittura vinto un riconoscimento dopo aver disegnato le divise per Amazon Delivery System Providers (DSP), la divisione del colosso tech impiegata nella consegna di beni ai clienti. Il riconoscimento, che prende il titolo di “Image of the Year Award”, gli è stato consegnato dall’Image Apparel Institute (IAI). Luly Yang e il suo gruppo di creativi hanno disegnato un ampio catalogo di prodotti: cappellini di lana e con la visiera, giacche idrorepellenti, polo a maniche corte, tutti caratterizzati da tonalità di celeste, blu scuro e grigio, uno schema colori che in qualche modo riprende l’estetica di Amazon Prime.
La moda non riguarda solo la bellezza e l’estetica. I vestiti servono anche per sentirsi bene e al sicuro, ma soprattutto per stare comodi. Quando immagino i miei design, la prima cosa a cui penso sono le persone e come migliorare la loro esperienza.
Luly Yang
Nel caso di Amazon, la scelta della designer non è stata casuale. Si tratta del partner perfetto per creare un connubio funzionante tra comfort e coolness. Luly Yang è una realtà che ha una doppia funzione: la sezione “Couture” è specializzata in vestiti da sposa, abiti su misura e da red carpet, mentre l’altra sezione – precedentemente menzionata – che prende il nome di “Design Group“, disegna e produce uniformi e divise per le grandi aziende e compagnie mondiali.
Prepariamoci a vedere più aziende, appartenenti a diversi campi, investire molto di più sul design delle proprie uniformi. Getir è una delle tante a disporre di un’uniforme incredibilmente riconoscibile, oltre a essere ottima per i rider. Una divisa che assomiglia a un completo da sci perfetto per proteggere dal freddo e dalle condizioni atmosferiche.