Se guardiamo solamente il risultato finale del primo match dell’anno, Arsenal 1 – Manchester City 2, allora forse sì, poteva sicuramente iniziare meglio il 2022 per i tifosi dell’Arsenal. Ma analizzando l’evoluzione della partita, gli episodi, le occasioni create e sciupate, le decisioni del VAR e il gol subito nei minuti di recupero in inferiorità numerica, allora è anche vero che i tifosi dei Gunners possono davvero guardare il resto della stagione con tanto ottimismo. Per la prima volta dopo anni, infatti, per buona parte della gara non si è percepita quella spiacevole sensazione di inadeguatezza e impotenza nei confronti delle big che l’Arsenal ha dimostrato in ogni singola sfida delle ultime stagioni, l’ultima delle quali lo scorso 20 novembre ad Anfield, sconfitto per quattro reti a zero dal Liverpool. Non sappiamo se la generazione di oggi possa anche solo minimamente raggiungere i risultati della Class of ’94 o degli Invincibles wengeriani, ma intanto la prima parte di campionato e la classifica attuale sembrano infatti volerci dire che per l’Arsenal il 2022 potrebbe essere l’anno della discontinuità e del riscatto rispetto alle recenti delusioni.
Ricordate quando la parola Arsenal veniva inevitabilmente accostata ai video dei tifosi furibondi intervistati su AFTV fuori dall’Emirates? A veder giocare i ragazzi di Arteta nei primi quarantacinque minuti contro la capolista, sembrava fossero passati anni dagli incubi vissuti di recente: le eliminazioni dall’Europa League contro Olympiacos e Villarreal, i tanti acquisti sbagliati, l’ottavo posto in classifica che ha di fatto escluso i londinesi dalle coppe europee per la prima volta dopo venticinque anni. L’imperativo di dover girare pagina puntando, per una volta, sui giovani prodotti nella propria academy (a differenza di quando, con troppa fretta, sono stati fatti andare via Serge Gnabry, Ismaël Bennacer, Donyell Malen e Jeff Reine-Adélaïde), confermando la fiducia in Arteta, sembra si stia rivelando la soluzione più efficace, soprattutto nelle ultime settimane: i nuovi Young Guns protagonisti del nuovo corso si chiamano Bukayo Saka, Emile Smith Rowe, Gabriel Martinelli, Martin Ødegaard e Ben White, sono poco più che teenager ma già molto affezionati al club e stanno riportando l’Arsenal a lottare per un posto in Champions League che ad inizio stagione sembrava irraggiungibile. In tal senso, il dato che riferisce al loro contributo realizzativo (e manca il gol di Saka contro il Manchester City) è davvero molto indicativo sul loro apporto generale alle sorti della squadra.
52% of @Arsenal’s #PL goals this season have been netted by players aged 21 or under (14/27) 🔥
— Premier League (@premierleague) December 26, 2021
Only Leeds in 1999-00 (65%) having a higher such ratio within a single #PL campaign (excluding own goals) 👶#NORARS pic.twitter.com/WCpQcVgEBq
Non abbiamo dimenticato altri elementi di questa impresa multinazionale come il portoghese Nuno Tavares e soprattutto il giapponese venuto da Bologna, Takehiro Tomiyasu, assente nelle prime tre uscite stagionali e poi diventato immediatamente fondamentale per dare stabilità alla retroguardia già trafitta 9 volte nel mese di agosto. E neanche Aaron Ramsdale, il cui acquisto era stato molto criticato perché reduce da tre retrocessioni in altrettante esperienze prima di arrivare a Londra: premiato Player of The Month sia ad ottobre che a novembre, oggi è uno dei migliori portieri del campionato e la sua parata su James Maddison sarà sicuramente ricordata come uno degli interventi della stagione insieme a quelli di De Gea ed Emiliano Martinez, un altro mandato via da Londra con eccessiva facilità. Nell’opera di svecchiamento, e soprattutto di ridimensionamento del monte ingaggi, che riguarderà sicuramente il prossimo addio di Pierre-Emerick Aubameyang, nel futuro dell’Arsenal ci sono già altri due prospetti che promettono molto bene: Omari Hutchinson, Folarin Balogun, e Charlie Patino (gli ultimi due hanno già esordito e segnato in prima squadra).
Se sul campo sono già arrivati parecchi segnali di ripresa, c’è un settore dove l’Arsenal invece non ha smesso di stupire ed è quello della creazione di contenuti e in generale la gestione della comunicazione digitale: la recente sponsorship con adidas siglata nel 2019 non soltanto ha reso i londinesi uno dei club di punta del brand tedesco, ma ha dato la possibilità ai Gunners di essere coinvolti in campagne video molto originali e raffinate (impossibile non cogliere la reference di Wes Anderson nel lancio dell’ultima collezione retrò), in cui è stato mescolato alla perfezione il nuovo con il vecchio stile Arsenal senza mai rendere noiosi e banali i rimandi alla nostalgia del passato e ai gloriosi anni ’90. Ad oggi i video postati sulle piattaforme social dell’Arsenal sono semplicemente imperdibili, non soltanto perché prevedono il coinvolgimento dei calciatori e di vecchie stelle (l’onnipresente Ian Wright su tutti) ma soprattutto per l’ammirevole capacità di riuscire a valorizzare l’heritage del club e di cosa esso rappresenta per la sua community. Dopo il video che ha annunciato il nuovo sodalizio con adidas, uno degli esempi più recenti è lo spot incentrato sulla storia di Len, un tifoso particolarmente devoto divenuto protagonista del lancio del third kit 2021/2022.
Ovviamente uno dei meriti maggiori del successo di questi spot va ad adidas che nel corso degli ultimi anni ha frugato per bene negli archivi riuscendo a rivisitare alcuni vecchi item in maniera eccellente rendendoli protagonisti delle nuove capsule, inserendo i londinesi nella nuova collezione Teamgeist e soprattutto riportando in vita il celebre Bruised Banana kit, indossato in due versioni ed in due stagioni diverse da calciatori e calciatrici dell’Arsenal, e recentemente diventato anche un christmas jumper. Ma una delle componenti fondamentali per cui i video sono diventati dei must watch è stato appunto lo sviluppo di uno storytelling ben preciso grazie al quale sintetizzare la filosofia del club e il suo rapporto con la città, lanciare messaggi ben precisi (è notizia di qualche giorno fa il coinvolgimento nella campagna No More Red, la scelta di vestire un kit total white per una causa nobile) e inserire simboli e riferimenti inconfondibili che possano far rivivere la storia e le emozioni della squadra: ecco perché nonostante tanti altri club abbiano molto da esprimere in termini di successi e background culturale, probabilmente nessuno ad oggi in Inghilterra riesce a raccontarsi come fa l’Arsenal. Non è un caso che un club così vivo e stimolante faccia gola a molti anche nel mondo della moda: 424 era riuscito a disegnare le divise formali anche grazie all”intermediazione’ di Héctor Bellerín, che però nel frattempo è andato via. Nella lista dei possibili fashion partner desiderosi di collaborare presto con i Gunners sembrerebbe esserci un brand di una stilista giovane, un po’ unconventional e soprattutto locale, che dunque appare perfetto: Stella McCartney.