Il nome Pastelle risuona tra gli amanti dello streetwear come una vera e propria leggenda, una specie di fantasma di cui bene o male tutti hanno sentito parlare ma che non molti conoscono del tutto. Di certo la prima cosa che viene in mente è il collegamento con Kanye West, poiché Pastelle era di fatto il suo primo brand di moda. Attenzione però, se non conoscete questa storia non dovete preoccuparvi, perché effettivamente il marchio non è mai decollato ed è rimasto un mito che negli anni si è tramandato di blog in blog, alimentando anche una certa confusione collettiva. Tutto sommato possiamo dire che Pastelle abbia qualcosa in comune con il “Dune” di Alejandro Jodorowsky, ovvero un progetto mastodontico e talmente ambizioso che le probabilità di riuscire a realizzarlo in maniera compiuta erano pressoché utopiche.
Partiamo dall’inizio: poche settimane dopo l’uscita di “Late Registration”, Kanye West dichiarò pubblicamente che si sentiva pronto a debuttare nel fashion system, non con uno dei tanti celebrity brand ma con una firma originale e indipendente in cui far parlare più il suo talento che la sua fama. Così nel 2006 cominciò a riunire un’équipe per iniziare a lavorare su un’etichetta chiamata per l’appunto Pastelle, che qualcuno sostiene essere un’abbreviazione del nome originale “Past Tell Museum”. Già allora Kanye voleva fare le cose in grande: aprì subito uno studio a Los Angeles e in breve tempo inaugurò delle sedi anche a New York e a Parigi. È interessante notare come la lista di collaboratori che volle accanto assomigli ora a un vero e proprio dream team: per la sua linea Ye aveva coinvolto circa 30 figure professionali tra i designer e consulenti più talentuosi della scena, ognuno destinato a un ruolo ben preciso. Fra questi vi erano alcuni volti già a lui vicini come Virgil Abloh, Don C, Matt George, Ibn Jasper e Willo Perron, ma anche Kim Jones come consulente e stylist, Emma Hedlund di CMMN SWDN come addetta alla linea donna, Ben Baller per il reparto gioielli e KAWS per lo sviluppo delle grafiche. Non solo, nel gruppo figuravano anche due realtà italiane al tempo ancora emergenti, RETROSUPERFUTURE e VNGRD, i cui rispettivi fondatori vennero inaspettatamente contattati per prendere parte all’idea. Daniel Beckerman e suo fratello Simon dovevano occuparsi di un’ipotetica linea di occhiali da sole, mentre a Giorgio Di Salvo e Paolo Budua venne richiesto di fornire un feedback sulle prime creazioni e di lavorare a delle varianti di quel logo ispirato ai film “Fa’ la cosa giusta” e “Jungle Fever” di Spike Lee.
Kanye West ci ha detto: “sto creando un brand, voglio aprire dei negozi nel mondo, voglio fare qualcosa che non sia costoso”. Dopodiché, ci ha inviato un PDF con la collezione e ci ha chiesto di dargli un feedback.
Giorgio Di Salvo
All’apparenza tutto sembrava procedere nel migliore dei modi, ma c’è da dire che questa struttura aziendale aveva anche i suoi lati negativi. Mettere insieme così tante personalità diverse tra loro senza riuscire a riunirle nello stesso luogo di lavoro (gran parte delle collaborazioni avvenne da remoto) era un’arma a doppio taglio: il processo creativo risultava confuso e piuttosto disorganizzato. Ma non è ancora arrivato il momento di soffermarci sui risvolti negativi che bloccarono il lancio di Pastelle, poiché all’epoca questi non erano noti e di conseguenza la situazione appariva pressoché credibile e destinata a un glorioso decollo.
Nel periodo relativo all’uscita di “Graduation”, Kanye alimentò l’hype in maniera molto furba e funzionale presentandosi a diversi eventi mondani con indosso dei capi inediti attribuiti alla sua annunciata collezione di Pastelle. Al Saturday Night Live sfoggiò insieme a Hugh Laurie una felpa gialla con logo tono su tono e una giacca caratterizzata dal ricamo di una tigre; alla sfilata di Dior nel luglio 2008 esibì una felpa con cappuccio full zip dotata di dettagli arcobaleno; agli American Music Awards dello stesso anno performò con indosso quella che divenne l’iconica Letterman Varsity Jacket. Come se non bastasse, il nome Pastelle viene citato anche nelle hit “Stronger” e “Swagga Like Us” di T.I. e JAY-Z. Insomma, i fan erano curiosissimi di scoprire tutti i dettagli relativi a quel brand streetwear dall’animo pop che sembrava promettere molto bene.
Era un incrocio tra l’epoca d’oro di Polo Ralph Lauren, una versione più semplice di A Bathing Ape e un po’ di A.P.C.
Ben Baller
Ciò che traspariva era una forte ispirazione proveniente dal vintage e da alcune creazioni dei designer più amati dall’artista. In un’indagine condotta da Complex emerge che nel catalogo erano presenti magliette sia da $50 che da $150 e che la celebre t-shirt “Premium Pastelle” sia nata guardando a un vecchio modello dei Detroit Pistons. Tra i tanti prototipi spiccava anche una capsule collection di eyewear realizzata in collaborazione con Ksubi e il sample di una sneaker caratterizzata da una tomaia in suede color beige con sovrapposizioni in tela.
In quel periodo Mr. West seppe cavalcare l’onda del successo e tra un viaggio e l’altro in Cina, Italia e Messico alla ricerca delle migliori fabbriche tessili, pubblicò un editoriale sulla rivista VMAN in cui Rihanna e Lupe Fiasco mostravano alcuni pezzi della collezione Pastelle. Le foto vennero inizialmente scambiate per un lookbook ufficiale ma erano in realtà una specie di test per osservare il riscontro del pubblico. La cosa più interessante è che insieme alle immagini compariva anche una data di release: l’ottobre 2008, che pochi mesi dopo lo stesso Kanye rimandò annunciando sul suo blog un lancio online previsto per l’anno successivo.
Sembrava davvero tutto quasi perfetto, ma di lì a poco si scoprì che non lo era affatto.
A partire dal 2009 vennero infatti a galla numerose complicazioni che portarono al declino totale di Pastelle. Dopo il caos scoppiato con Taylor Swift agli MTV VMA, Kanye si ritirò infatti in un periodo di pausa dai riflettori e annullò diversi impegni già prefissati per concedersi un momento di riflessione spirituale e venire a patti con le sue difficoltà interiori. Fatto sta che era letteralmente scomparso e alcuni dei suoi collaboratori non lo sentirono mai più. Il promettente impero di Pastelle si trovò improvvisamente senza la mente che lo aveva concepito e fu costretto a smantellare gli uffici, annullare l’apertura dei negozi e cancellare gli eventi programmati per la New York Fashion Week. Dunque nel sito web di Pastelle rimase solo una home page vuota, senza che nessun prodotto venisse mai messo in vendita, e sembrerebbe che coloro che non formalizzarono in tempo i contratti non vennero mai pagati.
Tuttavia, questi non erano gli unici problemi che portarono Pastelle al fallimento. Kanye era davvero ossessionato dal suo brand e cominciò a sviluppare capi sempre più elaborati come giacche in neoprene rosa, pezzi in denim, borse da donna, vestiti fatti di cerniere e oggetti in pelliccia. Non si sentiva mai pronto a debuttare e il passare del tempo, mescolato alla sua vertiginosa evoluzione estetica, rese obsoleti ai suoi occhi tutti gli articoli creati fino a quel momento. In origine Pastelle doveva essere un marchio semplice, vivace e dalla forte impronta sportiva, ma in un breve lasso di tempo Kanye decise che in realtà voleva realizzare una linea tutta femminile di fascia alta, cosa che né lui né la sua squadra erano concretamente in grado di realizzare. Venne a mancare dunque un’identità precisa, principio fondamentale per un brand.
Sarebbe sbagliato però affermare che questo percorso, anche se non ha trovato un lieto fine, non sia servito a niente. Bene o male, Pastelle è stata la prima esperienza completa di Kanye West nel mondo della moda, una sorta di esame prima di raggiungere la vetta di YEEZY e delle collaborazioni con Louis Vuitton, A.P.C., Gap, Nike e Balenciaga. Da quel poco che possiamo apprendere, si intuisce che Pastelle era un’idea visionaria e riuscì ad anticipare diversi trend.
Se fossimo in un film Marvel questo sarebbe il punto in cui, dopo lo scorrere dei titoli di coda, compare una scena post-credit. Sì, perché non è ancora il momento di mettere la parola fine alla storia di Pastelle.
Dopo anni e anni di silenzio, nel 2016 il nome Pastelle è stato rievocato in modo del tutto sorprendente da Ian Connor, all’epoca fidato collaboratore di Kanye West, che in una serie di dichiarazioni sui suoi profili social annunciava di aver rilevato il brand per portarlo al debutto definitivo. Nei mesi successivi comparvero numerosi sample rispolverati dagli archivi e persino un anello prodotto da IF & Co. con tanto di release date ufficiale. Ma indovinate un po’? Ancora una volta, nulla venne rilasciato e non è del tutto chiaro per quale motivo.
Il discorso è stato ripreso nell’estate del 2022, quando commentando una foto di North West alla Paris Couture Week con indosso l’iconica Letterman Varsity Jacket, lo stesso Connor se n’è uscito con un’enigmatica dichiarazione: “Posso fare letteralmente ciò che voglio quando voglio, se io e l’universo decidiamo che è il momento giusto. Non confondete mai i miei giochi con il mio lavoro perché vi ho dimostrato diverse volte che il mio lavoro è senza tempo“.
Ed eccoci qua, 3 novembre 2023, con la diffusione del tutto inaspettata di un comunicato stampa in cui viene ufficialmente annunciata la resurrezione di Pastelle. Stando a quanto dichiarato, il brand dovrebbe effettivamente debuttare al ComplexCon che si terrà tra un paio di settimane con una collezione ispirata agli archivi. Alla direzione creativa troviamo per l’appunto Ian Connor, ma affiancato da Bloody Osiris e Christian Azzinaro, trio che promette di riprendere la visione originale del marchio ideato da Ye e adattarla al presente con un approccio basato sul legame con la community e sul potenziale mai sviluppato di Pastelle. Sarà questa la volta buona?