Macron non rincorre i top club, li costruisce

Quando si parla di sponsor tecnici nel calcio, la mente corre inevitabilmente ai due colossi dell’abbigliamento sportivo: Nike e adidas – uno americano, l’altro tedesco. Sembra quasi l’inizio di una barzelletta.

Negli ultimi anni, però, si è fatto largo anche un nome italiano: Macron. A questo punto, la barzelletta potrebbe sembrare ancora più credibile. Ma è tutto vero. Il marchio bolognese conta oggi oltre 90 sponsorizzazioni nelle massime divisioni dei principali sport di squadra. La sua storia è uno degli esempi più concreti di crescita organica nel settore dell’abbigliamento sportivo.

La favola comincia proprio a Bologna, all’inizio degli anni ’70, ed è sempre da lì che prenderà il volo. All’epoca, la realtà emiliana era ancora un semplice negozio di articoli per il baseball, ma nel giro di pochi anni iniziò a produrre per alcuni di quelli che oggi sono i suoi competitor. La storia prosegue negli anni ’90, in pieno boom della NBA. In Europa è Champion a commercializzare le repliche delle canotte, ma a realizzarle è proprio Macron. Fa il suo esordio nello sport con il proprio nome solo nel 2001, trent’anni dopo la sua nascita. Firma il primo contratto professionistico con un club – non uno qualsiasi, ma proprio quello della sua città: il Bologna. Da allora, il legame non si è mai interrotto: a distanza di oltre vent’anni, Macron veste ancora i rossoblù.

Parte quindi dalle sue radici, in linea con il profondo sentimento patriottico dei bolognesi. Un cammino condiviso che ha raggiunto il suo apice la scorsa stagione, con la storica qualificazione in Champions League, attesa da sessant’anni. Un anno dopo, il Bologna è ancora in festa, questa volta per un trofeo: la Coppa Italia. Con essa arriva anche la qualificazione alla prossima Europa League.

Risultati che non sono frutto del caso o di una stagione fortunata, ma di un piano strategico, sportivo e imprenditoriale ben definito. E Macron, in questo percorso, non ha mai occupato il semplice ruolo di fornitore tecnico: è stato un partner attivo nella costruzione di un’identità vincente.


Lasciamo Piazza Maggiore e ci spostiamo a Londra, una delle città con la più alta concentrazione di club calcistici al mondo. A sud, nel quartiere di Croydon, c’è una squadra che vive all’ombra delle sue più celebri sorelle cittadine. Come loro, vanta una lunga tradizione e un pubblico appassionato, ma a differenza delle altre non ha mai sollevato un trofeo. La sua più grande conquista, finora, è stata restare con continuità in Premier League: il Crystal Palace. Nell’agosto del 2021 l’investitore americano John Textor entra tra i soci del club, affascinato dalla storia, dallo staff e soprattutto dai tifosi, che riempiono il Selhurst Park a prescindere dai risultati. Dopo una parentesi con un altro sponsor, nel 2022 il club decide di tornare a Macron come partner tecnico.

L’epilogo di questa storia sembra scritto da un tifoso: il Crystal Palace alza per la prima volta nella sua storia la FA Cup, battendo il Manchester City a Wembley. Le immagini dei tifosi in lacrime fanno il giro del mondo: è il loro primo trofeo. Non crediamo certo che dentro le maglie ci sia l’energia segreta di Bugs Bunny e Michael Jordan, ma dietro queste vittorie ci sono scelte ben precise.


Nel catalogo non figura nessun top club, perché il brand non cerca una vetrina stellare. Punta invece a club con grandi piazze, storie da raccontare e ambizioni concrete, accompagnandoli nel loro percorso fin dall’inizio.

Negli ultimi mesi è “rinato” l’Ostiamare, sotto la guida di Daniele De Rossi, tornato sui campi dove aveva mosso i primi passi da professionista. L’obiettivo è chiaro: riqualificare il centro sportivo e restituire una squadra competitiva a un municipio che conta oltre 200.000 abitanti. Due mesi dopo, Macron è diventato il nuovo partner tecnico del club.

«Senso di appartenenza, attaccamento alla maglia, determinazione, perseveranza e mentalità vincente, sono tutti valori che condividiamo e che vogliamo comunicare ed esprimere, insieme alla storia e ai simboli del club». Queste le parole di Gianluca Pavanello, CEO di Macron, in occasione del ricongiungimento con il Crystal Palace.


Un altro esempio? Il Wrexham, una delle tre squadre più importanti del Galles che milita nei campionati inglesi. È stata rilevata nel 2021 da Rob McElhenney e Ryan Reynolds mentre giocava in National League (l’equivalente della nostra Eccellenza, una categoria sotto la Serie D). In tre anni, tre promozioni consecutive: quest’anno è arrivata in Championship, seconda divisione inglese, diventando la prima squadra nella storia a riuscire in un triplo salto del genere. Il tutto è raccontato nella docuserie Welcome to Wrexham su Disney+.

Sul loro petto? Sempre Macron. In giro per l’Europa, lontano dai riflettori delle Big Five, Macron accompagna club centrali nei rispettivi campionati: il Basilea si è confermato campione in Svizzera, il Ferencváros in Ungheria, la Stella Rossa di Belgrado domina in Serbia e dal 2017 non ha mai mancato una qualificazione europea. In Bulgaria, la squadra più celebre – il CSKA Sofia – è vestita sempre dal brand bolognese. E in Germania sta prendendo forma un’altra favola: l’Arminia Bielefeld, oggi in Serie C tedesca, è in finale di Coppa di Germania contro lo Stoccarda. Sulla sua strada ha già eliminato Werder Brema e Bayer Leverkusen.

Anche in Italia non ha mai smesso di accompagnare piazze importanti. Dopo l’arrivo di De Laurentiis, è stato sponsor del Napoli di Cavani, Lavezzi, Hamsik e Higuain. Oggi è presente a Padova, che torna in Serie B dopo sei anni, e nella metà blucerchiata di Genova, dove la Sampdoria rischia di piangere una retrocessione dolorosa in Serie C.


La visione è chiara: crescere senza inseguire riflettori facili, affermarsi senza snaturare la propria identità. Macron ha scelto di non rincorrere le grandi squadre, ma di camminare accanto a chi costruisce, a chi investe sul territorio, alla ricerca di un successo che sia prima di tutto culturale e sportivo.

Dalle grandi piazze italiane ai palcoscenici europei meno illuminati, passando per favole internazionali come quella del Wrexham, Bologna ha partorito una società che ha scelto un ruolo diverso nel calcio moderno: più vicino ai valori, più lontano dal glamour. Una scelta controcorrente, che oggi sta iniziando a dare i suoi frutti.