Prima della pandemia globale, prima della quarantena, prima del caso George Floyd e delle proteste per i diritti civili in tutto il mondo, il 2020 era iniziato sotto dei segni decisamente più positivi. La musica italiana in particolare, e ancor più in particolare il rap italiano, avevano infatti già contrassegnato l’anno in corso come quello dei grandi ritorni. Ghali, Sfera Ebbasta, Tedua: questi tre sono i nomi che hanno monopolizzato l’attenzione del pubblico già da gennaio, con gli annunci – più o meno espliciti – di un nuovo album in arrivo. L’esplosione del COVID-19, con annesso lockdown, hanno fatto sì che solo Ghali fosse in grado di pubblicare effettivamente l’album, poco prima che la situazione dilagasse anche in Italia; l’autore di “DNA” sarà anche il primo a tornare a esibirsi live.
Sfera non ha messo in circolazione alcun annuncio ufficiale o conferma di alcun tipo, limitandosi a ribadire l’arrivo imminente di nuova musica. Promesse un po’ vaghe che, in un periodo storico particolare come questo, hanno lasciato un po’ scontenti i fan, desiderosi di sentire qualcosa di nuovo. I proclami di Tedua, da sempre alfiere principale di un modo di far musica quasi ars gratia artis, hanno convinto molti che il nuovo album dell’autore di Mowgli sarebbe uscito comunque. La smentita, potenzialmente una doccia fredda, è stata mitigata dallo stesso Tedua, con l’annuncio che nuova musica sarebbe arrivata comunque, nella forma di un mixtape. Oggi però, con artisti rap parte integrante delle scuderie major anche in Italia, quanto è ancora effettiva la distinzione tra mixtape e album ufficiale?
Nel caso di “Vita Vera”, il nuovo lavoro del rapper di Cogoleto, è difficile dirlo. 12 tracce nuove, completamente inedite, sia dal punto di vista delle produzioni, sia da quello delle liriche. Viene meno quindi quello che era un po’ un tratto distintivo, anzi, un must dei mixtape, quello di dare nuova vita a strumentali edite. Quanti di voi si ricordano, ad esempio, i primi capitoli di “Quello Che vi Consiglio” di Gemitaiz, con produzioni – tra le altre – di Young Jeezy, degli Awolnation, o ancora “Metriche” di LowLow, con il beat di “We Made It” dei Linkin Park con Busta Rhymes? Storicamente, i mixtape in Italia erano anche un modo per scoprire produzioni straniere, per innamorarsi di sound magari poco diffusi nel Belpaese, per vedere i rapper misurarsi con sonorità spesso fuori dalla loro comfort zone.
L’operazione di Tedua in “Vita Vera” è diversa, e si inserisce su un filone che di recente si è sviluppato in Italia: basti pensare a Dark Boys Club, l’ultimo tap della Dark Polo Gang, o a come Gemitaiz si sia mosso su Spotify con i QVC, caricando solo gli inediti sul servizio di streaming. C’è infatti anche una necessità di adattare la struttura del mixtape ai nuovi modi di fruizione della musica, non esattamente compatibili con un approccio che sfrutta produzioni edite altrui. Anche in virtù di questo cambiamento nello status quo musicale, il mixtape è cambiato, si è evoluto, ha cambiato pelle, per certi versi.
A livello di suoni il disco è variegato e ad ampio respiro, e abbraccia moltissime sfumature del rap, da quelle più pop, “Colori” con Rkomi, a quelle più melodiche, “Lo sai”, da strutture che ammiccano ai classici, come “Bro II” con Ernia, ad altre caratterizzate da una ventata di reggaeton, “Pour Toujours” con Ghali e Dargen D’Amico. Insomma, Tedua si è mosso un po’ ovunque, ma è difficile capire se sia uscito dalla comfort zone di cui sopra. Anche se l’ipotesi che sia in grado di rappare su qualunque cosa, per giunta con facilità, non è affatto da escludere, anzi.
Un elemento ripreso dalla tradizione dei mixtape, però, in effetti c’è: nel progetto compaiono numerosi featuring, anche di artisti che non hanno la stessa esposizione mediatica di Tedua. Oltre ai già citati Rkomi, Ernia, Ghali e Dargen D’Amico – che ci regala un esempio lampante della scrittura che tanto ha ispirato proprio lo stesso Tedua -, figurano anche Capo Plaza, Bresh, Lazza, Izi, Vaz Tè, Guesan, Ill Rave. Una schiera nutrita di nomi che arricchiscono il progetto a livello stilistico: spiccano soprattutto un Capo Plaza in veste inedita, che sveste del tutto i tipici panni da hitmaker, e il team Wildbandana su “Manhattan”. Un bel cambiamento rispetto a “Mowgli”, che non aveva alcun featuring ed era prodotto interamente da Chris Nolan. Anche i produttori sono parecchi, questa volta: Sick Luke, AVA, Garelli, SHUNE e Chris Nolan. Come sarà, invece, il roster del nuovo album?
Dal punto di vista del concept, quest’ultimo è sicuramente più presente a livello visuale. L’iconografia di “Vita Vera”, a partire dalla cover – e dalle comunicazioni social più recenti di Tedua -, fa riferimento in maniera esplicita alla Divina Commedia e al mondo dantesco. La stessa back cover del progetto sembra disseminare diversi indizi legati all’atteso album, che potrebbe intitolarsi proprio “La Divina Commedia”. Difficile ipotizzare se andrà proprio così, o se l’ispirazione e i riferimenti saranno più indiretti; è questo infatti il caso del mixtape, che a livello lirico inserisce qui e lì accenni all’opera del Sommo Poeta, ma non lo fa in maniera organica e sistematica. “Lo sai”, “Party HH”, “Mare Mosso”, “Lo-fi Wuhan” hanno dei riferimenti sparsi, ma non sono il perno attorno al quale si sviluppano i brani. Ad ora, è difficile comprendere del tutto quanto Dante ci sia in DanTedua.
È difficile considerare “Vita Vera” un mixtape a tutti gli effetti, soprattutto per chi l’epoca dei mixtape l’ha vissuta in piena. Il primo decennio del 2000, e anche qualche anno dopo, è stato infatti monopolizzato da questo tipo di progetto, spesso e volentieri illegale, che però rappresentava una tappa obbligata nella carriera di tutti. Oggi il sistema è cambiato, l’esplosione del digital e degli annessi strumenti di controllo rendono difficilissimo appropriarsi indebitamente di strofe e produzioni edite, e le fondamenta stesse dei mixtape sono venute meno. Nel caso del nuovo progetto di Tedua, possiamo considerarlo mixtape nella misura in cui – forse – è un lavoro “esterno” al suo contratto discografico, un side project, così definito per avere la possibilità di uscire nonostante il blocco discografico causa pandemia. Conserva parte dell’approccio del mixtape, con molte collaborazioni e un filo conduttore – a livello concettuale – piuttosto relativo, che trasforma ciascuna traccia in un’isola a sé stante.
“Vita Vera” non è infatti un arcipelago strettamente interconnesso, quanto più un insieme di atolli comunque raggiungibili, anche se con più di una bracciata. Ognuna col proprio panorama, con la propria struttura, con le proprie attrazioni. Sta al viaggiatore/ascoltatore trovare la sua preferita, non dovrebbe essere troppo difficile, ciascuna ha il suo fascino. Vedremo cosa cambierà poi a breve, con l’uscita del secondo volume del mixtape, annunciato proprio oggi dallo stesso Tedua: sono in arrivo 10 tracce inedite, con le collaborazioni di Paky, Shiva, Massimo Pericolo, Gemitaiz, Madman, Tony Effe, Disme e Nebbia. Sarà semplicemente un “nuovo arcipelago”, o è l’inizio di qualcosa di più grande?