Grace Wales Bonner è sulla cresta dell’onda del mondo fashion. Ma quali sono i “trucchi del mestiere” della designer anglo-giamaicana? Ogni cosa su cui mette mano è estremamente impeccabile, ogni scelta, ogni modalità comunicativa adottata e, ovviamente, anche i suoi capi d’abbigliamento.
Innanzitutto, Bonner ha saputo tastare il terreno con netto anticipo: le prime collaborazioni della joint venture con adidas sono servite banalmente a permetterle di spalancare le porte del paradiso del mondo moda. In un momento in cui designer del calibro di Jacquemus hanno deciso di riscoprire vecchi modelli di archivio di brand mastodontici, Wales Bonner si è fatta decisamente trovare preparata, perché nonostante una buona parte degli spettatori si sia accorta solo adesso delle creazioni della designer grazie all’ennesimo capitolo della partnership con adidas, la verità è che già nel 2020 la creativa aveva prodotto delle adidas samba caratterizzate dalle three stripes realizzate con l’uncinetto. L’origine del tanto discusso bloke core porta proprio il suo nome, e avendo fatto da apripista per questo discorso, la credibilità e il “gioco d’anticipo” proposti da Bonner ha fatto sì che si ripercuotesse nella sua percezione anche negli anni successivi, quelli che stiamo vivendo ora, in cui i prodotti della designer sono in grado di raccontare storie profondissime anche al Pitti.
L’intento di Wales Bonner è “semplicemente” quello di riuscire a celebrare ed esprimere la cultura africana nel mondo moda. Ma è proprio la purezza dei lavori di Bonner che riesce a risultare tangibile in tutto ciò che fa, l’autenticità e la sincerità di una ragazza anglo-giamaicana che sta importando una cultura non abituata a trovarsi sotto la luce dei riflettori. In un articolo di GQ possiamo leggere come gli abiti di alta moda della collezione in collaborazione con Anderson & Sheppard vista a Firenze fossero accompagnati dai pezzi appartenenti della nuova linea di gioielli targata Wales Bonner, realizzati con vetro e perle barocche del Ghana.
Grace Wales Bonner sa come portare sulle spalle il peso di una cultura che ha voglia di esprimersi e che ha moltissimo da raccontare. È in grado – quindi – anche di riservare le giuste attenzioni a determinati artisti, infatti, anche nel suo ultimo show fiorentino ha saputo dedicare spazio all’artista ghanese Ibrahim Mahama, che ha allestito lo spazio ricoprendo i pavimenti e le mura di Palazzo Pitti con sacchi di juta, raccontando in maniera eccelsa decenni di migrazioni, scambi economici e migrazioni, esattamente come spiega anche Fashion Network sul suo sito.
La parole chiave per interpretare la figura della Bonner sono senz’altro due: sensibilità e concretezza. La prima perché tutte le scelte adoperate della designer sono di una meticolosità estrema, soprattutto per le persone di cui si circonda che sono in grado di esprimere purezza e sincerità. Non solo grazie al precedentemente menzionato Ibrahim Mahama, ma anche attraverso lo shooting dell’ultima capsule con adidas firmata da Durimel, fotografo che ha dedicato parte della sua carriera a raccontare la Black Culture.
Non è un caso che le voci dell’approdo di Grace Wales Bonner sul trono di una grande maison siano sempre più insistenti: ma se in molti la bramano, qual è il motivo concreto? La verità che aleggia attorno alla sua anima può essere in grado di risanare e risaltare l’immagine di brand che hanno bisogno di un sincero racconto di valori, lontano da tutti quei termini che terminano con –washing. Wales Bonner sta concretamente unendo poli, continenti e culture all’interno della sua visione senza trovare escamotage, e questo è il valore aggiunto che la contraddistingue dagli altri designer.