Se fino a qualche anno fa le squadre di calcio dovevano preoccuparsi esclusivamente di stringere degli accordi di fornitura tecnica che riguardassero maglie da calcio, tute d’allenamento e materiale tecnico, nelle ultime stagioni è sempre più frequente che i club abbiano i loro cosiddetti fashion partner, formal wear partner o talvolta anche style partner personali, il cui scopo è principalmente quello di valorizzare, fuori dal campo, l’immagine dei calciatori e quindi della squadra, intesa come brand. L’apertura verso la scena fashion non può più considerarsi una prerogativa dei top team europei, famosi per alcune significative collaborazioni (si pensi a quelle tra l’Arsenal con 424, il Paris Saint-Germain con Dior, Manchester City con Dsquared2 e il Barcellona con Thom Browne), ma ormai riguarda anche le realtà medio-piccole del nostro campionato, sempre più attente alle tendenze nel mondo del calcio e interessate alla valorizzazione della propria identità fuori dal campo.
Una delle notizie più rilevanti in tal senso riguarda l’Inter e l’accordo appena stipulato con Moncler, che avrà durata triennale. Un connubio tutt’altro che casuale quello tra la squadra campione d’Italia e il luxury brand italiano per cui già più volte in passato si era ipotizzato un ingresso sulla scena sportiva. Un legame che accontenta tutti visto che, come si legge nella nota ufficiale, “Moncler prosegue il suo percorso di evoluzione nella cultura della condivisione e della collaborazione, accogliendo la comunità calcistica nel suo universo a più voci, mentre l’Inter compie un altro passo in avanti nella sua espansione globale oltre il campo da calcio, nelle dimensioni del lifestyle e della moda”. I pezzi della collezione sono in totale 15 tra capi e accessori, e 5 della capsule autunno-invernale (gilet, berretto, sciarpa, maglia e ovviamente piumino) sono anche in vendita sullo store online di Moncler.
Come dicevamo, la connessione tra maison famose in tutto il mondo e squadre di calcio non riguarda solamente i grandi club ma addirittura quelli di Serie B come l’AC Monza, che ha annunciato una prestigiosa partnership con Roberto Cavalli. Per il suo debutto assoluto nel mondo del calcio, il famoso brand italiano provvederà alla fornitura delle divise formali e una serie di capi casual per la squadra e la dirigenza brianzola, che fino alla scorsa stagione era legata invece a Philipp Plein. Restando in tema di marchi internazionali, questo genere di accordi hanno anche riguardato realtà straniere emergenti, che hanno scelto la Serie A in cerca di visibilità: il Genoa, ad esempio, nel corso del suo recente passaggio di proprietà e pochi giorni prima dell’ennesimo cambio in panchina, ha rivoluzionato anche il proprio modo di apparire firmando un accordo biennale con il brand turco Damat Tween, molto conosciuto all’estero (oltre 1000 punti vendita e prestigiose partnership già avviate con la Nazionale turca, il Galatasaray e il Deportivo Alavés) ma desideroso di entrare nel mercato italiano.
Uno dei rapporti più ricorrenti, però, continua ad essere quello tra club e brand sartoriali locali, un trend che avevamo già visto quando abbiamo scritto degli outfit di Scott Parker e che interessa la maggioranza delle squadre di A: a partire dalla Juventus, che dall’inizio della stagione veste gli abiti dell’azienda piemontese Loro Piana, fino a realtà minori come lo Spezia, da poco legato alla Camiceria Sartoriale Casati – Milano. In questi casi e in tutti gli altri simili (Roma-Tombolini, Lazio-Sartoria Cardona, Fiorentina ed Empoli-Montezemolo, Bologna-Liu Jo, Sassuolo-Sartoria Messori, Sampdoria-Barbati Moda) si è instaurato un forte legame tra le squadre e alcune realtà italiane, espressione della tradizione e del gusto Made in Italy. A questi accoppiamenti si aggiungono quelli con altre aziende 100% italiane, a dispetto del nome: il noto marchio Replay, da sempre specializzato nel trattamento del denim e partner dell’Atalanta, ha origini venete; Harmont & Blaine, Mulish, Gutteridge e Braddock, rispettivamente fashion partner di Milan, Udinese, Torino e Ascoli, sono nate a Napoli; mentre Tomeve’s, che da questa stagione disegna le divise extracampo del Lecce, è un giovane brand salentino che ha già fornito abiti a Pio e Amedeo e i cuochi di Bros’. Il Milan ha pure un Official Travel Accessories Supplier che si occupa di fornire borse da viaggio, zaini e necessaire, italiano anche’esso: ETRO.
Considerando il panorama italiano, tra i club che mancano all’appello spiccano il Napoli, nonostante la recente collaborazione con County of Milan e l’accordo stipulato con EA7, valido per il momento solamente per le maglie da gioco, e il Venezia, una realtà che negli ultimi mesi ha più volte dimostrato di essere molto interessata al rinnovamento della propria immagine, sfruttando la connessione con il patrimonio artistico della città e con l’internazionalità della società. Detto ciò, non soltanto c’è da aspettarsi che anche quei pochi club rimasti estranei a questo genere di rapporti finiscano per rivolgere lo sguardo verso nuovi partner provenienti dal mondo della moda, delineando precise strategie di brand marketing, ma l’impressione è che oltre a giacche e completi eleganti presto potrebbe toccare anche ad abiti più casual e a linee di ispirazione streetwear pensate appositamente per rappresentare i club in maniera più originale e personalizzata. E poi, chissà, questo fenomeno potrebbe diventare sempre più incentrato sui singoli, a differenza di quello che accade adesso, visto che le divise vengono sfoggiate collettivamente (durante gli spostamenti del gruppo squadra, i viaggi, gli arrivi allo stadio, gli eventi particolari e le interviste). L’evoluzione infatti potrebbe riguardare sempre più spesso anche l’abbigliamento e gli accessori indossati da uno specifico calciatore, sulla scia di quello che accade già negli sport americani dove i giocatori sono soliti ‘sfilare’ nel tunnel degli spogliatoi prima degli incontri, mostrando versioni sempre differenti di sé. A tal proposito, poche ore fa Kylian Mbappé ha annunciato di essere diventato global ambassador di Dior e potrebbe essere stato solamente il primo di una lista di calciatori testimonial.