Perché PUMA è tornata all’uso dei template?

Nella mattina del 22 Aprile, PUMA ha rilasciato tramite i propri profili social e quelli delle nazionali partner i nuovi kit away per gli Europei di quest’estate. La collezione del colosso tedesco ha stupito tutti, presentando per la prima volta una maglia performance con una scritta al centro (storicamente da regolamento non si potrebbero utilizzare le scritte sulle maglie da gara in uno spazio maggiore di 12 x 2 cm), caratterizzato da uno stile minimal e molto semplice.

Se da un lato tale collezione può sembrare innovativa e di rottura rispetto al mercato generale delle maglie da calcio, dall’altro non si può non notare che i kit, in buona sostanza, siano dei template molto semplici e che quindi le nazionali si distinguano tra loro per la sola variazione di colore e per i simboli delle federazioni. Il cambio di tendenza è quindi molto marcato per il colosso tedesco che solo l’anno scorso aveva presentato dei completi molto particolari e pieni di dettagli. L’ispirazione rinascimentale per il kit della nostra nazionale piuttosto che la presenza dei simboli araldici in quella della nazionale austriaca, non trovano seguito nello stile basic della nuova collezione.

L’Italia con la maglia verde in stile Rinascimento.

Ma cosa può aver portato PUMA su questi binari? I fattori da considerare potrebbero essere molteplici e forse tutti hanno avuto un ruolo importante nella scelta del brand. La creazione di nuovi concept e modelli per i kit delle squadre, ad esempio, è uno sforzo poco sostenibile per il marchio che ogni anno si ritrova a dover lavorare su centinaia di maglie diverse con storie ancora più differenti tra loro. I concept particolari e molto dettagliati possono a volte essere un po’ troppo spinti, non andando incontro ai gusti dei tifosi e dell’opinione pubblica. Un template semplice e basilare rende il prodotto molto più replicabile, ed anche appetibile per tutti.

PUMA si trova in una fase di grande cambiamento e non è da escludere che il suo prossimo focus non sia rivolto alle squadre Nazionali di cui è sponsor tecnico, ma bensì sui calciatori, le loro signature line e ulteriori collaborazioni che uniscono lifestyle e performance. L’azienda tedesca ha di fatto negli ultimi tempi ampliato il proprio parco atleti, in particolare nel calcio sono da poco entrati nella “famiglia” Ederson, Raphaël Varane ma soprattutto Neymar. Quest’ultimo ha firmato un contratto col brand che lo ha reso il calciatore più pagato da uno sponsor tecnico al mondo, percependo 25 milioni l’anno.

Che siano le politiche interne, la sostenibilità o semplicemente un cambiamento di stile da parte di PUMA, c’è da dire che il risultato non è del tutto entusiasmante. L’azienda ha sempre fatto della ricerca del dettaglio e della particolarità un suo punto distintivo e di forza, basti pensare ai pattern dei kit del Milan, piuttosto che alle maglie delle nazionali africane. Ogni kit presentato fino ad oggi trasmetteva ai propri tifosi cura del dettaglio ed unicità. Il nuovo template in questo senso ha appiattito un po’ lo stile, preferendo la sostenibilità della produzione e del disegno. La maglia della Nazionale rappresenta però la “pelle” di intere nazioni che hanno storie e tradizioni molto radicate, e quindi un look troppo basilare rischia di non dare il giusto “carattere” alle squadre, tornando indietro nel tempo quando la differenza tra i vari kit risiedeva nei colori e nelle tonalità.

Rottura col passato o ritorno allo standard? Non è di certo semplice da dire, ma ciò che invece si può affermare è che PUMA non smette di sorprenderci, e che altri grandi cambiamenti sono sicuramente in cantiere.