È passato solo un anno dalla scomparsa di Virgil Abloh ma 365 giorni senza di lui sembrano tantissimi, eppure trascorsi in maniera molto veloce. È come se dal 28 novembre, giorno in cui i social si sono riempiti di foto e messaggi di cordoglio, fosse trascorsa un’eternità, ma grazie agli incessanti omaggi di amici e colleghi, il suo ricordo non fosse svanito immediatamente, rimanendo presente per tutto questo tempo e facendo sì che a volte quasi ci si dimenticasse della triste morte di Virgil.
Sono molti infatti i tributi che gli sono stati dedicati in questi ultimi dodici mesi che hanno contribuito a tenere viva la sua memoria. Dalla gigantesca statua all’Art Basel di Miami al brano “What Happened to Virgil” di Lil Durk e Gunna, dal controverso “In-Memoriam” ai Grammy Awards 2022 al mini film realizzato da Vogue con interviste a personalità come le sorelle Hadid, Tremaine Emory e Bloody Osiris: tutto parla ancora della vita e del carisma di Virgil Abloh, così come della sua influenza stilistica e culturale.
Nonostante l’enorme impatto che Abloh ha avuto a livello umano e “morale”, in questi 365 giorni la domanda più ricorrente sui social e nel settore moda riguardava ovviamente la parte più pratica della sua figura. Cosa sarebbe successo nell’era post Virgil a Off-White? Chi avrebbe potuto continuare il cammino da lui iniziato e spianato da Louis Vuitton?
Nel primo caso, l’unica vera novità è arrivata il 30 aprile scorso quando Ib Kamara, editor del magazine Dazed e stylist di Off-White stesso, è stato ufficialmente nominato Image and Art Director del brand. Nessun nuovo direttore creativo quindi (probabilmente proprio per rispetto di Virgil e per dimostrare che nessuno potrà mai sostituirlo) ma “solamente” un nuovo ruolo e una nuova persona incaricata di seguire tutto lo sviluppo creativo del marchio, senza però diventare a tutti gli effetti il successore di Abloh.
La bellezza di Off-White è che sei coinvolto in ogni singolo aspetto del brand. Anche se il mio ruolo è basato sull’aspetto “visual”, ho potuto osservare e lavorare con il team creativo durante lo sviluppo della collezione. È un incarico molto più vasto di quello che mi aspettavo ma è bellissimo, sono molto fortunato.
Ib Kamara
Oltre a quello che potrebbe essere un gesto di riconoscimento verso il fondatore, la scelta di Andrea Grilli (CEO di Off-White) e Davide De Giglio (co-founder di New Guards Group) è di non focalizzare l’attenzione e il potere nelle mani di un’unica persona ma di mettere in luce tutto il movimento che tiene in piedi il brand. In piena linea con la filosofia e il modo di lavorare di Virgil, l’obiettivo è trasformare Off-White in un ambiente e un gruppo di persone più simile a un “collettivo” rispetto a una tradizionale configurazione aziendale. Oltre all’importanza e il valore di un team solido, se c’è una cosa che la carriera e la personalità di Abloh ci hanno insegnato è proprio quanto il coinvolgimento di artisti e creativi di ogni genere, così come la libera espressione della creatività di ogni singolo individuo, siano necessari e fondamentali per lo sviluppo di un progetto, per non dire di un’azienda in generale. Non c’è quindi celebrazione migliore dell’eredità del creativo se non quella di mantenere il marchio e l’ambiente lavorativo proprio come Virgil l’aveva sempre immaginato.
Pensate al sistema operativo Linux, open-source: puoi inserire qualsiasi cosa di nuovo e lo schema del software si evolve di conseguenza.
Davide De Giglio
Questo gesto è anche la perfetta risposta alla domanda che si è posto Michael Burke, presidente e CEO di Louis Vuitton, quando, paragonando Off-White a Dior (un altro brand che solamente 10 anni dopo la sua fondazione perse il suo fondatore e si ritrovò a fare i conti con aspettative e attenzioni inaspettate e imprevedibili) ha sottolineato quanto sia fondamentale il lascito del “padre fondatore” in casi come questo. La scelta di Grilli e De Giglio, estremamente coerente con tutto quello che Off-White rappresenta, dimostra proprio quanto il percorso di Virgil vada oltre magliette e felpe stampate, ma sia un’autentica mentalità fatta di valori eterni.
Un altro modo in cui Off-White sta tentando di portare avanti l’aura di Virgil Abloh è sicuramente mantenendo e valorizzando l’impronta multidisciplinare e creativa che ha sempre avuto. Lo scorso aprile, per esempio, il marchio ha espanso il proprio portfolio di prodotti lanciando una nuova linea beauty composta da profumi, smalti e matite, mentre durante la fashion week parigina di marzo aveva deciso di reimmaginare l’arredamento e i servizi da tavola di uno dei ristoranti preferiti di Abloh, il Caviar Kaspia. Più recentemente, Off-White è approdato anche nel mondo dello sport grazie a una partnership con il Milan con l’obiettivo di disegnare il formal wear delle squadre maschili e femminili del club mentre, contemporaneamente, nuove collaborazioni (come quella con Church’s o con lo skater Sal Barbier) e nuovi prodotti per la linea “home” venivano presentati al pubblico. Tutto questo fa sì che il brand rimanga divertente e interessante per il mercato, continuando anche però quell’espansione oltre le barriere del fashion diventata segno distintivo della carriera di Virgil.
Se c’è una cosa che però rimane (e rimarrà sempre) il fulcro di Off-White è l’abbigliamento. Anche questo aspetto sta venendo trattato nel modo più continuativo e lineare possibile rispetto al lavoro, all’estetica e alla filosofia di Abloh. In una memorabile intervista a Dazed del 2019, il creativo si espresse riguardo lo streetwear prevenendo una sua fine (non tanto a livello culturale quanto più dal punto di vista estetico) e un cambiamento del panorama fashion verso uno stile più sartoriale e meno casual. Oltre a essersi rivelata una previsione corretta, questo pensiero dev’essere sicuramente stato uno dei punti di partenza per Ib Kamara e il suo team per lo sviluppo della prima collezione di Off-White disegnata senza l’aiuto di Virgil. Nella primavera-estate 2023 portata in passerella, infatti, addio a felpe, t-shirt, loghi, monogram e tutto ciò che viene solitamente collegato ai tradizionali “codici” dello streetwear, in favore ovviamente di capi come completi e blazer e di un linguaggio più sobrio e distinto.
Mentre a livello “organizzativo” anche Louis Vuitton ha deciso, al momento, di non sostituire la figura di Virgil Abloh e di non nominare un nuovo direttore creativo (nonostante i numerosi rumors che si sono susseguiti negli ultimi mesi), a livello stilistico il processo è quasi contrario. Abloh verrà infatti per sempre ricordato come colui che è stato in grado di “democratizzare” il settore della moda di lusso, travolgendolo con influenze contemporanee, reali ma soprattutto molto lontane dalle tradizionali ispirazioni artistiche e concettuali dell’alta moda. Ciò che Virgil è stato in grado di fare, infatti, è di mescolare uno stile spesso associato alla cultura black americana (e quindi ovviamente lontano dalle atmosfere “snob-chic” del lusso) a canoni e codici più classici, rinvigorendoli e soprattutto ricontestualizzandoli in un ambiente moderno. Il risultato è sempre stato quindi quello che Virgil definiva “Maintainamorphosis“: un capovolgimento del significato dei capi che siamo abituati a vedere da secoli, sperimentando nuovi modi in cui l’uomo di oggi può esprimere sé stesso e raccontare una storia attraverso l’abbigliamento.
La collezione primavera-estate 2023 della maison francese, anche in questo caso la prima disegnata collettivamente dal team che aveva lavorato con Abloh negli anni precedenti, ha continuato a fare questo: proseguire nel normalizzare i profondi cambiamenti sociali e stilistici che erano stati iniziati da Virgil. Lo show infatti univa l’eleganza della sartoria più tradizionale alla contemporaneità di varsity jacket, poncho in tessuti tecnici e tasche cargo applicate ovunque, contrapponendo outfit di colori neutri a pattern e grafiche coloratissime, in pieno stile pop.
Osservando la collezione in maniera più globale, però, è evidente che gli abiti presentati non abbiano portato grandi novità rispetto al passato. La domanda quindi ora diventa: per quanto tempo la maison ha intenzione di “sfruttare” i design e le innovazioni di Virgil? La PE23 è stata un modo sincero e onesto per rendere omaggio ad Abloh o una mera necessità di continuare a vendere quello che ha funzionato negli ultimi anni? Hanno preferito non sconvolgere il pubblico così velocemente o vogliono davvero portare avanti l’eredità del compianto direttore creativo? Come sempre, la risposta non l’avremo mai ma ci piace pensare che l’influenza e il segno che Virgil Abloh ha lasciato nella storia sia così forte da non scomparire nel breve termine.
Se c’era una vera e unica missione che Virgil aveva, però, questa non riguardava la moda, l’abbigliamento o il prodotto fine a sé stesso. Il suo era un obiettivo molto più alto e più nobile: aprire le porte del mondo dell’arte e del fashion alle nuove generazioni e alla comunità nera. Come ricorda l’installazione a neon “YOU’RE OBVIOUSLY IN THE WRONG PLACE” nella sezione “Black Gaze” della mostra “Figures of Speech”, nonostante i successi conquistati e i traguardi raggiunti Virgil non ha mai smesso di considerarsi un outsider.
Aprire nuove porte per la comunità nera è sempre stato e sarà sempre il focus della mia carriera. Mi impegnerò sempre per far sì che questa rivoluzione sociale non sia solo un momento ma un movimento: il progresso è elevare e mostrare il talento e le conquiste dei talenti black.
Virgil Abloh
È importante quindi ricordare che non sono stati solamente manager, amministratori delegati e “head of” a dover rivalutare la loro posizione e il loro futuro ma è stata anche un’intera generazione, fatta di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze che vedevano in Virgil un punto di riferimento e un esempio da seguire per raggiungere i propri sogni. Cosa sarebbe successo ora che una delle poche persone che si è sempre (veramente) battuta per l’inclusività e i nuovi talenti non c’è più?
Anche in questo caso, però, gli amici, la famiglia e i collaboratori di Virgil hanno dimostrato che il movimento sarebbe continuato e la storia non si sarebbe fermata improvvisamente. Il fondo “Post-Modern” dedicato alle borse di studio per i nuovi leader neri dell’industria del fashion, per esempio, continua a esistere, e oggi più di quaranta studenti hanno ricevuto un aiuto economico di circa $7,500 per sostenere il loro percorso scolastico.
Dal punto di vista corporate, invece, nei dieci anni dalla sua fondazione Off-White ha sempre collaborato e lavorato esclusivamente con “black-owned businesses” per seguire l’art direction, gli shooting e lo styling degli show. Per portare avanti questo desiderio e compito nei confronti della società, l’ultimo show di Off-White è stato organizzato in modo che tutti i modelli e modelle fossero volti nuovi, oltre a coinvolgere artisti neri come il coreografo Nicolas Huchard e la cantante della band Tshegue. Louis Vuitton, invece, ha sfruttato il “LVMH BLACK DATABASE” (un archivio di talenti e artisti neri realizzato proprio da Virgil prima della sua scomparsa) per includere la band della Florida A&M University e Kendrick Lamar in occasione dell’ultima sfilata.
Quando sei così fortunato da riuscire a raggiungere l’attico di un palazzo, il tuo compito è rimandare giù l’ascensore.
Virgil Abloh
Un anno è forse ancora poco per determinare quanto la vita di Virgil Abloh abbia rivoluzionato e cambiato il futuro del settore moda, una cosa è certa però: l’immenso ed estenuante lavoro di una figura come Virgil ha cambiato il destino di molti, che faranno sicuramente di tutto per portare avanti quello che aveva iniziato.